E ora, avanti nella confusione?

La prima pagina del Mattino del 2 settembre 2020

Le cose procedono, ma in modo più che confuso e questo non è un bene ed è foriero di un futuro che non può essere roseo. Le scuole si riapriranno, ma senza una condivisione vera di linee guida e nel fiorire di polemiche strumentali e di corporativismi inaccettabili. Sul referendum si va in ordine sparso, discutendo di tutto fuorché del problema fondamentale, cioè il riordino del nostro sistema rappresentativo. Intanto nelle segrete stanze di governo e ministeri si preparano i piani su come spendere il bengodi di 200 miliardi europei senza che si apra uno straccio di dibattito pubblico per coinvolgere le forze vive di questo paese e costruire un consenso su quella che dovrebbe essere la nostra “seconda ricostruzione”.

Sconcertante il balletto di interventi e contrasti sul delicato tema di quello che avrebbe dovuto il simbolo non di un ritorno alla normalità precedente (per ora impossibile), ma di un modo serio di convivere attivamente con la circolazione di un virus insidioso. Discutere se sui mezzi pubblici potrà viaggiare il 60, il 75 o l’80% della capienza non è un dibattito fra scienziati, è un dare i numeri al lotto. Idem la storia delle mascherine, qui le tieni, là puoi levarle, poi non si sa, e vedremo chi riuscirà a tenere il controllo di queste regole. Quanto al previsto ridimensionamento del numero di studenti per classe pare si farà molto poco: se dovessimo giudicare da casuali e sporadiche informazioni che abbiamo raccolto diremmo che tutto resterà come prima.

Non è una gran prova di capacità d’azione da parte della classe politica, ma neppure delle varie burocrazie (nutrite) che dovrebbero essere il vero supporto per l’azione dei primi. Naturalmente i politici al momento hanno altro da fare: polemizzare gli uni cogli altri. Tutto si presta allo scopo: i migranti, la scuola, ma soprattutto il referendum.

Qui si assiste ad una rappresentazione tipo teatro dell’assurdo. Da un lato dopo aver approvato praticamente all’unanimità la riforma a Cinque Stelle, adesso la classe politica si spacca. Dall’altro lato la gente non si fa coinvolgere, a parte i pasdaran dei vari campi. La verità è che la riforma è nata come una delle tante impennate grilline e da questo vizio di origine non riesce ad emendarsi. Il tentativo, anche generoso, di tanti membri del PD di vendere il sostegno al taglio dei parlamentari come il primo passo per una razionalizzazione del nostro sistema di rappresentanza non sta in piedi. Non c’è la forza per imporre la revisione della questione di fondo, cioè un bicameralismo paritario sia nei compiti che nella estrazione dei deputati. Quel che si propone sono solo aggiustamenti per evitare che il sistema precipiti del tutto: meglio di niente, si potrebbe dire, non fosse che sono tutte toppe cucite alla bell’e meglio che dubitiamo siano in grado di tenere.

Quanto al tema veramente decisivo vista la crisi in cui versiamo, cioè cogliere l’occasione dei 200 miliardi europei (e magari anche dei 36 del MES che sarebbe bene acquisire) per dare un futuro al nostro sistema-paese, non è oggetto di confronto. Pensare che il nostro sistema burocratico con l’apporto di un ristretto numero degli attuali ministri sia in grado di produrre un disegno all’altezza di questa domanda richiede un atto di fede. Quantomeno sarebbe opportuno preparare l’opinione pubblica al contenimento delle bande di assaltatori della diligenza che sono già in allenamento. Se non li fa, c’è da aspettarsi il solito fiorire delle richieste corporative e lo spreco delle risorse (ammesso che in quelle condizioni la UE continui ad essere disposta a concedercele, il che non è scontato).

Il fatto è che la politica italiana vive sospesa nell’attesa di quel che uscirà dalle urne di settembre e lo stesso governo si sente assediato. Nonostante le difficoltà di realizzare cambiamenti per ragioni che più volte abbiamo esposto, non cessano di circolare ipotesi di rimpasto e da ultimo anche di rischio di elezioni anticipate. I parlamentari, che nella confusione attuale non hanno per la maggior parte certezze di rielezione tenderanno fino all’ultimo di tirare avanti, ma può darsi benissimo che siano sopraffatti dall’insostenibilità della situazione che hanno lasciato maturare.

Il problema è che ad oggi se ci sarà una crisi sarà probabilmente una crisi al buio (pesto), cosa che non possiamo augurarci. Ma anche lasciarci logorare in questa confusione irrisolta non è una prospettiva allettante.

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