Ma voi, chi dite che io sia?

Illustrazione di Lorena Martinello

Domenica 23 agosto – Domenica XXI anno A

Is 22,19-23; Sal 137; Rm 11,33-36; Mt 16,13-20

C’è una bella storiella di Martin Buber, che si legge nei Racconti dei Chassidim, dove si narra di un uomo stolto che quando si alzava al mattino non sapeva mai dove aveva posto i vestiti. Finalmente una sera decise di annotare su un foglietto dove posava ogni capo. La mattina tirò fuori allegramente il biglietto e lesse. Trovava subito ogni abito e lo indossava. Quando ebbe terminato di vestirsi si chiese: «Si, ma io dove sono?» «Invano cercò e cercò, ma non riuscì a trovarsi. Così avviene a noi». Il significato di questa bella parabola è chiaro: è più facile riconoscere ciò che è di contorno, quello che è esteriore e secondario, piuttosto che ciò che è essenziale; è sempre difficile andare al cuore della realtà.

Proviamo ora a chiederci se le domande di Gesù in questo Vangelo (Mt 16, 13-20): «La gente chi dice che io sia»? Ma voi chi dite che io sia?» non vengano rivolte per vedere se le persone che seguivano Gesù e gli apostoli coglievano il cuore del cristianesimo, il nucleo della fede. E la risposta si rivela subito piuttosto difficile. La gente va col pensiero alla tradizione, a persone certamente importanti, ma morte. Cercano di dire di Gesù ciò che già sanno senza coglierne la novità: è il Battista, oppure Elia, o Geremia, o uno dei profeti. Ecco che in questo caso Gesù appare come un grande personaggio che ha lasciato un bel messaggio, ma che fa parte del passato.

Mi chiedo ora chi è Gesù per i cristiani che incontro sulle strade o in chiesa. E so che potrei restare deluso, perché sono troppo abituati a dar credito e rincorrere Madonne che piangono o che lanciano i loro segreti, per lo più apocalittici; che vanno da padre Pio o da S. Antonio…. E Gesù di Nazareth? Forse occorre che ci chiediamo con molta serietà: «Chi è lui per me? Qual è la mia relazione con lui? Che significato ha nella mia vita?» rispetto a quello che dice la gente, rispetto a chi magari non legge il Vangelo, ma ogni mese i messaggi della Madonna o di qualche santo.

E’ in Gesù il senso della fede, è nel mio rapporto con Lui. La fede cristiana non è un’ipotesi su Dio, ma è la relazione con Gesù, che mi ha amato e ha dato se stesso per me, che continua ad amarmi e compie con me ogni passo della vita. Purtroppo lo si può anche scordare. Gli apostoli stessi hanno avuto bisogno di approfondire continuamente il loro rapporto con Gesù. Pietro lo riconosce come Cristo. E probabilmente ha fatto fatica a staccarsi dall’idea di un Messia trionfale, che con potenza libera Israele dal dominio romano. Ha fatto fatica a capire che Gesù è il Servo sofferente che rinuncia a ogni forza e potere per essere invece servo, è vita donata senza interessi e privilegi.

E’ sconcertante costatare come ancora nella riflessione di troppi cristiani Gesù sia secondario, poco conosciuto e poco influente nella prassi. Eppure nella potenza delle sue opere e nell’autorità delle sue parole è presente Dio, che si china su un’umanità malata, affamata, oppressa, confusa; egli vuole restituire a ogni uomo e ogni donna dignità e speranza.

La fede dunque per i credenti è rivivere l’esperienza di Gesù, che si è fatto dono senza riserve, è diventare figli di quel Padre che è principio e fine di tutta la creazione, pienezza di vita e armonia. Questo è Gesù per Pietro. Questa è la fede di Pietro e la fede della Chiesa.

Chi è per me Gesù di Nazareth? L’eredità del Vangelo di Gesù, può ancora contribuire a rendere il mondo più vivibile?

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