Lago Corvo (val di Rabbi). Ha davvero un profumo speciale questo “Stella Alpina”, un profumo forte e invisibile come la presenza di Ilda Trafoier, classe di ferro 1941, che nel rifugio è stata figlia, madre, nonna e ora bisnonna. Non la noti subito, umile e discreta com’è, ma ne avverti ben presto – dietro il sorriso naturale – l’anima accogliente, attenta agli altri. Chiede sottovoce ai clienti se il menu è stato di loro gradimento, suggerisce l’itinerario meno noto per il rientro dalla traversata al rifugio Dorigoni, partecipa ai capricci di un bimbo che vorrebbe andare subito a vedere i pesci e il salmerino, attrazione dei tanti laghetti sopra il rifugio.
Poi si ritrae, torna al suo posto in cucina, da dove non manca da una vita, da cinquant’anni esatti, ininterrotti: un record che però non ostenta. “Quest’anno avrei voluto fare una festicciola quassù – confida con riconoscenza, senza orgoglio – ma la pandemia ci impedisce di organizzarla; già molto che siamo riusciti però ad aprire in tempo, col 20 giugno”.
Neanche il Covid insomma ha fermato la salita d’inizio estate in questo panoramico nido d’aquila (si può ben dire visto che il rapace del Parco naturale dello Stelvio talvolta scende a volteggiare in zona) dove il rifugio fu costruito nel 1952 dal padre Mattia Trafoier, salito dalla vicina val d’Ultimo, in una posizione strategica, vicino al passo Rabbi che conclude la catena delle Maddalene e la sepera dal gruppo dell’Adamello.
Dall’estate del 1970 la signora Ildegard (per tutti Ilda) non è mai stata assente (“si faceva tanta tanta fatica, mancava tutto, anche la luce i primi dieci anni) ed è salita dalla sua casa di Rabbi anche tre anni fa con le stampelle dopo una frattura e lo scorso anno anche dopo un delicato intervento chirurgico all’occhio che le ha ridotto la vista: “Per questo motivo quando i clienti mi chiedono di scattare una foto devo dire no: gliela rovinerei…”.
Celebriamo allora le “nozze d’oro con il rifugio” attraverso questa prima timida intervista, “rubata” sulle panche di legno che s’affacciano sul versante nord del Brenta e vedono spuntare in fondo la cima della Presanella. A Ilda preme testimoniare la forza della famiglia d’origine e dei suoi cinque figli, 4 maschi e una femmina, con i quali è rimasta sola da 30 anni, alla morte del marito Carlo: “Quello è stato un momento difficile, ma i ragazzi mi hanno sempre aiutato, siamo ancora molto uniti, non molliamo anche in estati difficili come questa…”. Vien da chiedersi da dove prendono la forza…”Penso che quanto ci spinge a tener duro è proprio questo legame di famiglia, un fattore affettivo…”
Allo “Stella Alpina” si comprende il valore aggiunto di un’autentica “gestione familiare”. Anche le ricette e i piatti – dai canederli alla polenta con il formaggio casolet – hanno un sapore casereccio, mentre l’accoglienza guarda ai piccoli numeri, ai soli tre mesi estivi, senza smanie di espansione. Le presenze sono cresciute per via dei bikers (“mancano gli stranieri quest’anno però, ma non ci lamentiamo, va bene così, basta non si ammali nessuno…”) che vanno su e giù tra Alto Adige e Trentino o attraversano le alte vie della val di Sole: ecco una comitiva bolognese di amici del pedale che sembrano di casa allo “Stella Alpina”.
Nonna Ilda ascolta con attenzione la proposta lanciata a giugno da Vita Trentina di favorire quest’estate nei rifugi l’arrivo di gruppi familiari (in quanto “congiunti” non danno problemi di distanziamento nelle stanze) che sono anche un investimento sui frequentatori di domani. “Sono d’accordo – dice Ilda – mi sembra una soluzione ottimale. Così le famiglie possono stare insieme, mangiare e dormire insieme. Alcune tornano anche a distanza di anni con i figli grandi”.
Quassù orsi e lupi non si sono mai fatti vedere, alla sera invece viene un inconfondibile gipeto a salutare Ilda che non guarda troppo lontano: “Mi piace stare qui, è la mia vita”. Quest’anno non è stato possibile festeggiare, ma la prossima estate si dovrà fare una grande festa per i suoi 80 anni, Ilda? “Oh sì, se il buon Dio me lo permette, ben volentieri. E allora vi invitiamo volentieri quassù…”.
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