Rivolgiamo a Paolo Fontana, apicoltore ed entomologo di fama internazionale, ricercatore presso la Fondazione Edmund Mach di Trento e presidente della World Biodiversity Association, alcune domande sul progetto “Napi” e, più in generale, sullo stato di salute di api e insetti impollinatori.
Fontana, in che modo iniziative come “Napi” possono aiutare a salvare le api e salvaguardare la biodiversità?
Molto spesso l’aumento delle aree boscate viene visto come un fenomeno favorevole alla biodiversità. Bisogna però far presente che gli habitat più minacciati oggi sono proprio i prati magri o aridi, quelli in pendenza e difficilmente meccanizzabili. Questi ambienti, una volta abbandonata la gestione tradizionale di una poco produttiva fienagione vengono facilmente e rapidamente invasi da cespugli e poi da boscaglie. I prati aridi sono invece ricchissimi di biodiversità vegetale e animale, in genere più della maggior parte dei boschi. La ricchezza floristica di questi parti è importante quindi anche per la vita delle api da miele, di tutti gli apoidei e di moltissimi impollinatori. Se poi si considera che le aree prative meccanizzate e spesso eccessivamente concimate e sfalciate subiscono una drammatica semplificazione nella composizione botanica, è facile comprendere quanto cruciali siano questi ambienti prativi marginali ma essenziali per la conservazione di tanta biodiversità.
In Trentino vi sono già altre iniziative simili?
Almeno in passato ai proprietari di prati marginali veniva dato un contributo per mantenere aperti questi ambienti poco produttivi economicamente. Non mi pare che però si sia mai percorsa una strada come questa che non solo voglia tutelare questi ambienti ma intenda valorizzarli attraverso l’apicoltura. Questi ambienti, da un punto di vista apistico, permettono di produrre mieli di millefiori dalle straordinarie caratteristiche organolettiche, ma anche se questo non avviene sempre, gli apicoltori sanno che pascoli con molte specie vegetali, attraverso la varietà del polline che le api possono raccogliere, sono fondamentali per la salute delle api da miele, che mangiando pollini di diverse specie sono più longeve e meglio tolleranti delle diverse malattie che le colpiscono.
Un progetto che potrebbe essere interessante anche per zone con maggiore antropizzazione come le aree urbane?
Un problema moderno è la gestione poco logica di tante aree potenzialmente verdi. Valorizzare almeno alcune parti del verde pubblico con prati polifiti a fiore, falciati una volta l’anno e non gestiti come semplici tappeti erbosi calpestabili, potrebbero dare un grande contributo alla biodiversità. Ci sono molti studi internazionali, ma soprattutto in Europa, che dimostrano che una gestione ecologica del verde pubblico, soprattutto in ambiente urbano, è possibile.
Un passo indietro ai mesi scorsi: il lockdown e la conseguente diminuzione dell’inquinamento hanno dato “respiro” anche dalle api? Ripartire come prima potrebbe avere effetti ancora peggiori?
A dire il vero il lockdown non è che abbia fatto un granché alle api ma forse le persone hanno avuto modo di apprezzare di più il valore terapeutico della natura. Quando siamo riusciti a fare una passeggiata dietro casa ci è parso di rinascere. La natura ci fa stare bene e se la deterioriamo mettiamo sempre più a rischio il nostro benessere psicofisico. Rispettare la natura, imparare a capire che è un bene essenziale, questo dovremmo imparare dall’esperienza del lockdown.
Da qualche settimana su vitatrentina.it una giovane apicoltrice “in erba” racconta la sua prima esperienza con le api: dal suo osservatorio privilegiato rileva un interesse crescente da parte dei giovani a questo mondo?
Si è indubbio. Le api si stanno facendo amare perché, soprattutto le api da miele che sono allevabili ma che restano selvagge e padrone del loro destino. Queste api ci permettono di penetrare i segreti della natura, di entrare in empatia con degli organismi così diversi da noi ma con cui condividiamo così tanto. I giovani poi, abituati oggi ad una conoscenza via schermo, trovano nelle api, nell’alveare, uno stargate che li riporta in una realtà affascinante e pulsante. Ma dal fascino si deve passare alla comprensione e dalla comprensione al rispetto. Più persone si avvicinano al mondo dell’apicoltura in modo consapevole e più persone verranno coinvolte dalle loro storie, dai loro racconti, dalla loro trasmissione di una natura in carne ed ossa. Le api possono essere cruciali in questo riavvicinamento tra l’uomo e la natura.
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