Un pettirosso, perché la mattina sul balcone il canto degli uccellini mi faceva sentire meno sola. I pattini perché mi hanno fatto superare la tristezza dei turni in ospedale. Il luogo segreto, per prendere aria senza multa. E poi piedi nudi, che danno radicamento nel presente e piacere nel vedere la bellezza lenta della vita naturale, e gocce di rugiada, invisibili a meno che non si cambi punto di vista.
La quarantena e le restrizioni imposte dal Covid-19 hanno costretto a modificare stili di vita e pensieri, ma come interiorizzare il cambiamento e far sì che le consapevolezze maturate nelle lunghe settimane trascorse in casa non si disperdano come se nulla fosse accaduto?
Le fotografie di oggetti, cibo, poesie, animali, arrivate in risposta alla richiesta del Museo Diocesano Tridentino sui social e attraverso la newsletter di inviare immagini di ciò che aveva accompagnato e consolato durante il confinamento forzato ha avuto una risposta talmente positiva che questo patrimonio immateriale, progressivamente cresciuto, è diventato visibile in uno spazio concreto.
Con la riapertura al pubblico prevista il 2 giugno di tutte le realtà museali trentine, il Museo Diocesano Tridentino è infatti tornato non solo ad essere visitabile dopo quasi tre mesi di chiusura ma è uscito “fuori” dalle sue porte per incontrare di nuovo la cittadinanza con l’inaugurazione del Museo della Quarantena, svoltasi il giorno della Festa della Repubblica in piazza Duomo.
A raccontare il progetto digitale e partecipativo lanciato a inizio maggio, la direttrice Domenica Primerano e la curatrice Lorenza Liandru, insieme a Corrado Bungaro, assessore alla cultura del Comune di Trento, partner dell’iniziativa, e don Andrea Decarli, delegato vescovile alla cultura dell’Arcidiocesi.
Formata da 130 schede allestite sulle pareti del palazzo Pretorio, la mostra all’aperto è espressione di un Museo inedito realizzato con fotografie di oggetti, e non solo, che sono stati utili, confortanti, o semplicemente “simbolo” della quarantena, schedati con le formule usate per le opere d’arte e con l’indicazione del significato assunto in relazione al periodo di isolamento.
Raccolte e unite, sono simili a pagine di diario scritte da persone di ogni età che narrano in presa diretta cosa ha permesso loro di restare con i piedi nella realtà. Fermarsi non sarà stato inutile se, è l’auspicio della direttrice, che ha ricordato le persone scomparse a causa del Covid-19, la comunità trentina sarà capace di fare tesoro delle riflessioni maturate, singolarmente e collettivamente, preservandone la memoria.
“In molti oggetti possiamo ritrovarci e rappresentano uno spaccato interessante della nostra quotidianità – ha osservato Primerano nell’intervista rilasciata a Radio Vaticana il 29 maggio – : il Museo deve essere un centro di relazioni capace di coinvolgere e dare un ruolo interattivo alle persone e questo dialogo rispecchia la nostra filosofia di museo vivo, collettivo, partecipato, che racconta il tempo presente e ha il compito di ascoltare i bisogni della comunità e comprenderli, diventandone voce e interprete”. Delle esperienze che segnano la vita è bene conservare ricordo, con la consapevolezza che “anche il dolore vissuto, di cui ci si vuole liberare in fretta, non è un bagaglio scomodo, ma va integrato nel vissuto di ognuno”.
Dunque il Museo della Quarantena fa spazio alla ricerca di una memoria storica e al tempo stesso intima, tenendo insieme dolore e speranza per individuare una traccia realistica di quanto sperimentato, e la raccolta di “opere” continua, come ha detto Liandru ringraziando i partecipanti e invitando a contribuire ancora. Don Andrea ha evidenziato il lavoro portato avanti negli anni con immutata passione dal Diocesano e “la missione di promotore culturale e sociale, pubblicando contenuti online e tessendo rapporti, seppur virtuali” perseguita anche in questi mesi, mentre Bungaro lo ha definito “perla culturale” per la città di Trento, affidando poi il ricordo delle persone decedute alle note del Requiem di Verdi risuonate in piazza Duomo.
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