Recovery Fund: non cantiamo vittoria…

EP Plenary session – Joint debate Conclusions of the extraordinary European Council meeting of 23 April 2020 and new MFF, own resources and recovery plan

C’è da scommettere che i titoli di molti giornali parleranno del prossimo Consiglio Europeo del 19 giugno come di un momento decisivo. In effetti, i capi di stato e governo dell’UE esamineranno il piano della Commissione europea, detto “Next Generation EU” o più brevemente Recovery Fund, l’ambizioso progetto che dovrebbe trascinarci fuori dalla crisi economica del post-Covid-19.

Dovremmo tuttavia sapere a memoria che i momenti decisivi nell’UE stentano ad arrivare con rapidità e necessitano di negoziati ripetuti e di compromessi molteplici prima di portare ad un risultato finale. Cosa ovvia in una Unione a 27 Stati membri dove la regola fondamentale è quella dell’unanimità.

Al di là, quindi, delle egoistiche riserve dei famosi quattro “Paesi Frugali” del Nord Europa e delle obiezioni dei governi dell’Est Europa, che protestano per l’eccesso di aiuti (teorici) per Italia e Spagna, a rendere problematica qualsiasi decisione è proprio l’inadeguatezza del sistema decisionale comunitario. Sistema che, nel caso specifico del Recovery Fund, prevede oltre all’unanimità nel Consiglio Europeo, anche l’unanime ratifica dei Parlamenti Nazionali.

In effetti questo nuovo fondo proposto dalla Commissione si configura come una risorsa propria dell’UE, venendo raccolta direttamente dall’Esecutivo di Bruxelles sul mercato internazionale e non attraverso contributi al bilancio comunitari da parte degli stati membri. Trattandosi quindi di una nuova entrata le regole dell’UE prevedono il passaggio anche nei Parlamenti nazionali, oltreché in quello Europeo. Vale forse la pena ricordare al proposito che nel 2005 il voto nei parlamenti dei Paesi membri portò alla bocciatura del Trattato Costituzionale a causa del no di Francia e Olanda, due dei Paesi fondatori dell’UE.

E’ quindi necessario prepararsi ad una lunga attesa e a non vendere la pelle dell’orso prima del tempo. Vi è solo da sperare che il lungo negoziato non svuoti gli aspetti più innovati della proposta di Ursula von der Leyen e che la prossima presidenza tedesca dell’UE trovi in Angela Merkel la leader capace di domare i governi più riottosi, portando ad un compromesso non eccessivamente negativo per l’Italia. E’ stato un errore, a mio parere, cantare vittoria da parte del nostro governo all’apparire del piano von der Leyen, molto in linea con i desiderata italiani. Certo, una certa soddisfazione è più che giustificata.

Ma far passare il messaggio che ormai saremo inondati di prestiti e aiuti comunitari è un’ingenuità che rischiamo di pagare piuttosto cara. Per chi conosce anche un po’ il processo decisionale comunitario (e i membri del governo dovrebbero conoscerlo bene) una tale mancanza di prudenza nel dare per scontato il risultato non è accettabile.

La delusione che potrebbe seguirne a livello di opinione pubblica, in caso di un compromesso europeo al ribasso, non farebbe che aumentare lo scetticismo già ampiamente diffuso nei confronti dell’UE e che in questo periodo di crisi da Coronavirus ha visto nei sondaggi solo il 30% dei nostri concittadini soddisfatti del ruolo dell’UE (dal 70% di solo alcuni anni fa).

Si aggiunga poi che anche in caso di approvazione nel corso dell’anno del Recovery Fund i soldi arriveranno solo dopo che le nostre amministrazioni nazionali, regionali e perfino locali avranno approntato una consistente quantità di progetti estremamente convincenti e dettagliati, anche negli aspetti di gestione amministrativa, da sottoporre all’esame della Commissione. Conoscendo la strutturale incapacità del nostro apparato pubblico nel redigere tali progetti sarà davvero un miracolo se sapremo sfruttare a fondo l’intero ammontare di risorse messe eventualmente a nostra disposizione. Oltretutto si tratterà di progetti in linea con le priorità della Commissione che come è noto riguardano l’ambiente, la digitalizzazione e le infrastrutture, ma non come dichiarato a caldo da qualche nostro esponente di governo l’abbassamento delle tasse. Semmai la riforma del nostro iniquo sistema fiscale. Insomma è meglio cominciare già da subito a rimboccarsi le maniche e dare qualche buon segnale all’Europa nel predisporre progetti e richieste per l’intero pacchetto di fondi già messi a disposizione da Bruxelles, dal Sure (contro la disoccupazione) al tanto temuto Mes (per la sanità), per poi attrezzarsi in vista del futuro Recovery Fund

#Ue
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