Lo spunto
Il Mario del Valles se ne è andato dopo aver rimosso i pali segnavia che delimitavano i bordi innevati della “sua strada” che da Paneveggio sale al Passo Valles , un percorso fra i più spettacolari e curati del Trentino. Lo ricordiamo nel trigesimo della sua scomparsa. Cantoniere provinciale, fu tra i primi collaboratori dell’Ufficio Neve e Valanghe che, dalla metà degli anni Settanta, si assunse volontariamente il compito di rilevare giornalmente i dati della stazione meteonivometrica del Valles. Componente della Commissione Locale Valanghe di Predazzo dimostrò competenza e grande senso civico. Mario è stato un personaggio importante anche per l’attività di informazione e di sorveglianza del territorio del Parco Naturale Paneveggio-Pale di S. Martino che implicitamente svolgeva con la sua presenza. La grande disponibilità ad aiutare chiunque ne avesse bisogno lo rendeva stimato e da tutti benvoluto.
Gli amici Elio Caola e Tello Nardin
Il ricordo di Mario Cemin non viene solo dai suoi amici Forestali, che hanno rappresentato, dopo le distruzioni della guerra e le speculazioni dell’arricchimento consumistico una parte così importante della cultura, della gestione e dell’anima del territorio trentino.
Il ricordo viene da tutti i Trentini, appassionati e orgogliosi del loro territorio. E timorosi nell’osservare le crescenti aggressioni (incurie, distrazioni…) che subisce. Vale la pena soffermarsi su ciò che sono, rappresentano ed hanno rappresentato, i Forestali. Non i poliziotti dei boschi, ma i loro custodi. Una minoranza consapevole per scelta di vita nella natura ed orgogliosa delle radici valligiane e della libertà che il saper vivere in montagna consente.
Ciò che scrive l’economista e uomo di finanza trentino-londinese Rudi Bogni sull’ultimo numero di “Cooperazione Trentina” a proposito del necessario rilancio dell’economia dopo la crisi del virus (“Sarà forse opportuno chiudere qualche “business school” e aprire più dipartimenti di economia alla ricerca dei “commons” – dei beni comunitari e cooperativi) si potrebbe anche parafrasare per l’economia territoriale: “Meno “marketing” e più studio e tutela ambientale”.
Nel Trentino, peraltro, l’Università è ancora priva di un dipartimento in Scienze naturali. Anche per questo merita ricordare Mario Cemin e riflettere sulla sua vita, perché indica una strada, un po’ come quella che porta al “suo” passo Valles (fra Predazzo e l’Agordino bellunese, verso il Civetta) in un percorso che forse solo oggi torniamo a comprendere dopo che l’epidemia ha colpito così duramente – in rapida successione con le distruzioni di Vaia – anche le vallate della montagna trentina, scuotendola profondamente e impoverendola. Quanti anziani se ne sono andati, lasciando tutti, non solo parenti e congiunti, più soli! E la strada è quella di rendersi conto, passo dopo passo, che la convivenza e la saldezza di una comunità si reggono sulla presenza di lavori umili, tanto più preziosi quanto sono umili. Perché sono questi i lavori che presidiano il territorio e lo servono.
Lo si è visto in queste settimane con le rete delle piccole botteghe cooperative e private che, sostenute dai loro consorzi, hanno garantito rifornimenti e contatti nei Comuni anche decentrati e nei quartieri periferici, laddove in altri regioni pur dotate di strutture produttive più forti ma territorialmente meno presidiate (l’ha denunciato la rivista “Dislivelli” per le valli piemontesi) i disservizi hanno costretto a pendolarismi e a lunghe code nei centri commerciali urbanizzati. Gli infermieri, gli inservienti delle case di riposo, i commessi, le bancarelle del mercato cittadino all’aperto, il personale delle farmacie e le cassiere, i postini che non hanno mai interrotto il servizio sono stati i protagonisti di queste giornate, dimostrando che è tempo di riconoscere e motivare anche economicamente i lavori “nascosti”. E per la montagna i rifugisti, le guide, i panificatori, i cantonieri (privati delle loro belle case rosse (!) ma presenti nei paesi e sulle strade)…
Mario Cemin questa custodia l’ha esercitata per tutta la vita, diventando egli stesso parte delle montagna che proteggeva. Per questo oggi non viene solo ricordato, ma rimpianto. La montagna ha bisogno di uomini che la scelgano come luogo di vita, non solo come terreno di evasione e di sport. E’ la strada che Mario Cemin segnava con i suoi paletti ,quando scendeva la neve, bene sempre più raro e prezioso, suscettibile però di far sbandare “fuori strada” distratti e improvvisatori. Cemin la sua strada, nel Trentino, l’ha sempre tenuta sgombera e giusta.
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