Dal 18 maggio tornano dunque le Messe “con il popolo” ma ci vorrà “un opportuno tempo di prove, verifiche e aggiustamenti”, come si sono detti i vescovi del Triveneto martedì 12 maggio esortando tutti a vivere “ con serenità, prudenza, senso di responsabilità e carità questa fase di ripartenza delle celebrazioni”. Se ne parla anche nei Consigli pastorali (vedi numero scorso di VT) anche per la soluzione di problemi pratici e organizzativi. Paolo Delama, referente del Servizio Liturgia della diocesi, ci aiuta con alcuni orientamenti. Quali attenzioni dovrebbero essere prioritarie nel pensare a “come” tornare a vivere le liturgie?
Tornare a celebrare l’Eucaristia sottintende il veder ricostituirsi la comunità ecclesiale stessa, nelle sue articolazioni ma anche nella sua unità. Tutto ciò evidentemente si scontra con il distanziamento sociale: non solo per lo scambio della pace, abbiamo scoperto la privazione della corporeità come elemento fondamentale del celebrare e rischiamo di guardare al corpo altrui come potenziale rischio di contagio; siamo stati privati della visione concreta del “convenire”, di formare il “popolo di Dio”.
Ci “rivedremo” nei banchi…
Sì, forse ci aiuterà a superare queste astrazioni e divenire più consapevoli dell’identità della comunità cristiana radunata e costituita attorno alla mensa della Parola e del Pane. Il varcare le porte della nostre chiese richiederà, forse, un’attenzione: quella dell’essere accolti.
Sarà importante esserci lì, all’entrata…
Certamente, dovremo curare ancora di più i riti della soglia: non dobbiamo creare la percezione di alzare barriere finalizzate al controllo del numero dei fedeli. Il rischio che i riti della soglia siano vissuti come un “accaparrarsi” il posto, mal si congiungono con l’idea di una comunità accogliente e accolta che si raduna per l’incontro gioioso con il suo Sposo. Naturalmente ci vorrà anche tanta comprensione, pazienza e benevolenza da parte di tutti: le norme sono state fatte per il nostro bene e per proteggere la salute di tutti. Il disagio che viviamo per il numero controllato sul trasporto pubblico o nei negozi speriamo possa trovare buoni esempi nei cristiani che si potranno ritrovare a fare la coda anche davanti alle chiese, per andare a messa. Tuttavia è evidente che questa sarà una modalità che ci accompagnerà un po’ dovunque nelle prossime settimane.
Quali atteggiamenti vengono richiesti in questa nuova fase agli operatori laici della liturgia? Un esempio?
Balzerà agli occhi di tutti come siamo chiamati a passare dalla collaborazione alla corresponsabilità. Ci deve stare a cuore il bene di chi ci sta accanto: il cristiano agisce in questo modo non (sol)tanto per il rispetto delle norme igeniche, ma per un vero spirito di servizio; nella liturgia si parla di “ministero” proprio in questo senso: il cantore che intona una canto adatto, il lettore che proclama con dignità e proprietà la Parola, il sacrista che discretamente collabora per la buona riuscita della celebrazione, il ministro della comunione che si presta, se richiesto, per la distribuzione ordinata dell’Eucaristia; tutti possono davvero darsi da fare responsabilmente per il bene della comunità radunata in celebrazione.
In molte chiese ci sarà spazio per tutti, ma nelle comunità dove l’aula è piccola e s’imporrà il numero “chiuso” chi dovrà decidere quali fedeli ammettere e in base a quali criteri?
Spetta a ciascuna comunità riflettere per trovare la migliore soluzione per fare in modo che tutti, possibilmente, si sentano accolti e possano realmente accedere alla celebrazione.
Una domanda al docente di musica sacra: è consentita la presenza dell’organista, ma non ancora di un coro. Come “accompagnare” la Messa?
Molto realisticamente guardando alle risorse umane disponibili, senza “strafare”, ma con proprietà. Sarà interessante vedere, nel prossimo futuro, se la nostalgia per le celebrazioni comunitarie – che abbiamo tanto coltivato in queste settimane – ci porterà anche ad una più fattiva partecipazione al canto, al dare concretezza a questa voglia di prendere parte in forma piena anche cantando assieme, al lasciarsi coinvolgere volentieri e in pienezza nell’atto celebrativo…
La comunione con il sacerdote con i guanti nelle mani e la mascherina è un’indicazione precisa del protocollo CEI – Governo: come va accolta?
Con senso di responsabilità; non dimenticando che sono norme che con il tempo andranno superate: siamo inseriti in un processo di recupero graduale e progressivo. Questi disagi sono destinati, speriamo presto, a scomparire.
Tornando indietro, alle Messe domenicali in streaming o tv: che cosa potremmo “ereditare” di quest’esperienza o valorizzare ancora visto che molte persone seguiranno ancora la Messa in streaming.
Riportare la Parola e il gusto del pregare nella chiesa domestica è stato forse una grande riscoperta per molti: non perdiamo questa opportunità che, tra l’altro, ci ha fatto assaporare la nostalgia della convocazione domenicale e del prendere parte attivamente alla preghiera e al canto; certo, per molti anziani il seguire la messa in TV resterà ancora a lungo una buona possibilità per alimentare la propria fede: e resterà una sfida aperta per noi per fare in modo che essi continuino, pur relegati in casa, a sentirsi parte della comunità cui appartengono
Lascia una recensione