Perché non dar voce alle domande che in questi giorni abitano i nostri cuori? Magari facendole diventare preghiera, perché il Signori illumini e accompagni il discernimento, magari condividendole con le persone a cui vogliamo bene, magari facendole diventare energia per le nostre comunità cristiane, perché riescano a generare altri cercatori di Dio: uomini e donne che con un po’ di inquietudine si lascino scovare dal Signore e così sappiano costruire piccole comunità, abitate dalla relazione vera e dal desiderio di servire Dio nel fratello
In questo tempo si fanno largo dentro di noi molte domande, cariche di una forza e di una profondità che in altri tempi non hanno avuto. Da dove provengono? Forse dalla precarietà che ha sfiorato o è entrata nelle nostre case, dal rallentamento a cui siamo stati costretti, dal silenzio delle nostre strade e piazze che in questi giorni stanno lentamente riprendendo colore e vivacità.
Resta il fatto che le domande sono arrivate, lasciandoci un po’ di inquietudine; è forte il dilemma su cosa farne di questi interrogativi, che spaziano dal senso della vita, alla qualità delle nostre relazioni, dai progetti incerti sul futuro, alla ricerca di Dio e di spiritualità. Sì, cosa ne facciamo?
Le domande profonde possono spaventarci, ci possono portare in angoli di noi che non siamo abituati ad esplorare: possiamo temere che emergano lati o pensieri che non siano conformi alla nostra vita, alle nostre scelte, può spaventarci il dubbio di sbagliare scelte e strade…
Sono però convinto che questa paura va affrontata, perché il rischio più grande che corriamo è quello di ricondurre queste domande al solo tempo di pandemia (quindi basta aspettare che passi e passeranno pure loro), oppure cercare di non raccoglierle, aspettando nostalgicamente che tutto torni come prima, con l’illusione che questo tempo possa non lasciare segni. Invece ritengo che le domande siano il motore del nostro vivere e del nostro crescere, ci possono aiutare ad attivarci e far sì che anche questo tempo possa insegnarci qualcosa e possa indirizzarci in un giusto cambiamento che chiederà discernimento e pazienza.
Questa settimana che la nostra diocesi ha dedicato alla preghiera per le vocazioni e che si concluderà nella serata di venerdì con la preghiera insieme al Vescovo (vedi pag.12), rimette al centro l’importanza di dare spazio alla domanda su Dio, di lasciare che sia Lui a interrogare la nostra vita e di trovare insieme a Lui e alle nostre comunità cristiane delle risposte.
Se le nostre comunità e gli adulti nella fede non sanno interrogarsi profondamente e lasciarsi illuminare da Dio, abitando pazientemente la strada della ricerca, come possiamo sognare che i nostri giovani sappiano interrogarsi e poi scegliere strade di vita segnate dal dono e dalla presenza di Dio?
Domenica scorsa Papa Francesco ha aiutato tutti noi a far luce su come discernere le voci che affiorano in noi per poter così rispondere alle domande esistenziali senza troppa paura. Parlando della voce del Buon Pastore ci diceva: «La voce di Dio non obbliga mai: Dio si propone, non si impone. Invece la voce cattiva seduce, assale, costringe: suscita illusioni abbaglianti, emozioni allettanti, ma passeggere. All’inizio blandisce, ci fa credere che siamo onnipotenti, ma poi ci lascia col vuoto dentro e ci accusa: “Tu non vali niente”. La voce di Dio, invece, ci corregge, con tanta pazienza, ma sempre ci incoraggia, ci consola: sempre alimenta la speranza. La voce di Dio è una voce che ha un orizzonte, invece la voce del cattivo ti porta a un muro, ti porta all’angolo.»
Cogliamo la bellezza di questo sguardo che dà libertà e respiro. Papa Francesco aggiungeva che Dio ti accompagna nel presente, tempo da abitare e da amare: «La voce del nemico distoglie dal presente e vuole che ci concentriamo sui timori del futuro o sulle tristezze del passato – il nemico non vuole il presente –: fa riaffiorare le amarezze, i ricordi dei torti subiti, di chi ci ha fatto del male…, tanti ricordi brutti. Invece la voce di Dio parla al presente: “Ora puoi fare del bene, ora puoi esercitare la creatività dell’amore, ora puoi rinunciare ai rimpianti e ai rimorsi che tengono prigioniero il tuo cuore”. Ci anima, ci porta avanti, ma parla al presente: ora.»
Insieme a Lui possiamo lasciar affiorare senza troppa paura le domande che abitano in noi e che abitano le nostre comunità cristiane e lasciare che il criterio della libertà, del presente, del “che cosa fa bene a me e agli altri”, guidi e orienti il mio cammino. Il Papa concludeva il Regina Coeli osservando che Dio predilige la luce, la fiducia, l’apertura e l’attenzione agli altri.
Allora perché non dar voce alle domande che in questi giorni abitano i nostri cuori? Magari facendole diventare preghiera, perché il Signori illumini e accompagni il discernimento, magari condividendole con le persone a cui vogliamo bene, magari facendole diventare energia per le nostre comunità cristiane, perché riescano a generare altri cercatori di Dio: uomini e donne che con un po’ di inquietudine si lascino scovare dal Signore e così sappiano costruire piccole comunità, abitate dalla relazione vera e dal desiderio di servire Dio nel fratello.
Tiziano Telch
rettore del Seminario
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