Restare a casa in questo periodo di confino forzato può essere l’occasione per passare più tempo con i propri figli, dedicare spazio a lettura e studio, mettendo ordine in una vita che spesso ci scorre via in fretta. Mirko Stefani continua ad allenarsi nella sua Pordenone, tra le mura di casa, in attesa di scoprire cosa ne sarà della stagione calcistica.
Tra un esercizio e l’altro il difensore 36enne originario di Tezze di Grigno si è reso protagonista di un bel gesto di solidarietà, mettendo a disposizione il suo appartamento vacanze di Jesolo per i sanitari chiamati a rinforzare il Covid Hospital della località balneare. Un gesto tanto spontaneo quanto importante per chi è chiamato in queste settimane a salvare vite umane, che ha reso onore alla “roccia” valsuganotta e ha rivelato, a chi ancora non lo conosceva, tutta la bontà di un uomo molto amato dalla sua gente.
“Una sera, mentre guardavo i notiziari, ho scoperto che l’Ospedale di Jesolo era stato adibito ai pazienti affetti da Covid e che molti infermieri erano costretti a fare tanta strada per andare e tornare dal lavoro a casa”, spiega Stefani, da cinque stagioni in forza al Pordenone, squadra friulana che partecipa al campionato di Serie B. “Ho pensato di mettere a disposizione il mio appartamento, situato vicino all’ospedale, e presto l’obiettivo è stato raggiunto visto che dalla scorsa settimana sono entrate due infermiere. Mi ha gratificato il fatto di aver ottenuto quello che volevo, adesso so che viene utilizzato da persone che ne avevano bisogno”. Cuore di capitano.
Mirko, come prosegue la vita di un calciatore costretto a stare tra le mura di casa?
In questi giorni mi spettano i compiti del casalingo. Mia moglie lavora in un panificio, quindi faccio un po’ tutti i lavori di casa. Gioco molto con i miei due bambini, ho un figlio e una figlia, e ne approfitto per sistemare gli appunti del corso allenatori che sto frequentando. Leggo e studio, cerco di documentarmi, sono molto curioso. Ho raggiunto un’età in cui guardo oltre al solo calcio giocato.
Della vita di tutti i giorni cos’è che ti manca?
Tutte le piccole cose che mancano un po’ a tutti in questo periodo. Portare i bambini a scuola, uscire liberamente di casa con la famiglia e con gli amici. Ma manca molto anche il pallone. Mi manca il fatto di andare al centro sportivo ad allenarmi, mi manca il campo, vedere i miei compagni e tutte le altre persone della squadra. Manca più tutto l’ambiente in generale che la partita in sé.
Come proseguono gli allenamenti?
Cerco di fare quello che posso per mantenere la forma e farmi trovare pronto quando sarà il momento di ricominciare. La cosa più importante è mantenere il tono muscolare. La parte di forza riesco a farla in casa, gli allenatori ci hanno dato delle linee guida con gli esercizi da svolgere. Più difficile è fare la parte aerobica. Faccio su e giù per le scale del mio condominio di corsa, vado a correre sulla terrazza all’ultimo piano, faccio scatti, mentre le distanze più lunghe sono difficili da fare.
Lo stop al campionato è stato un vero peccato per voi. Il Pordenone si trovava in piena zona playoff-promozione, al suo primo anno di Serie B della sua storia. Un sogno interrotto sul più bello.
Venivamo da tre vittorie consecutive, avevamo superato il momento di difficoltà avuto ad inizio 2020 ed eravamo pronti per affrontare il finale di campionato. Ora dobbiamo attendere il momento in cui sarà possibile ripartire.
Avete avuto qualche indicazione in tal senso?
Ci siamo incontrati in videoconferenza con i rappresentanti di tutte le squadre di Serie B per capire cosa ne sarà del futuro. Se ci fossero le condizioni per poter riprendere a giocare in completa sicurezza potremo tornare ad allenarci entro la fine di aprile, per poi ricominciare a fine maggio con le partite. Questa è l’opzione più ottimistica, però tutto dipenderà dalle scelte del governo.
Come ti trovi a Pordenone?
Vivo qui da cinque anni e sto bene. È la dimensione giusta per me e la mia famiglia, abbiamo molte amicizie e possiamo pensare a continuare a vivere qui anche in futuro. Ho ancora un anno di contratto, poi dovrei restare come dirigente. Questi sono gli anni migliori della squadra, molta gente si è avvicinata al calcio grazie ai nostri risultati. Siamo tutti ragazzi alla mano e questo la gente lo apprezza. Sono andato via dalla Valsugana a 15 anni, ci torno spesso a trovare la mia famiglia, ma ormai la mia casa è qui a Pordenone.
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