DOMENICA DELLE PALME ANNO A
Is 50,4-7 Fil 2,6-11 Mt 26,14-27,66
Inizia oggi “la grande settimana”, la settimana più importante della storia e della fede. Iniziano con questa domenica detta “delle Palme”, i giorni in cui il credente capisce che «essenza del cristianesimo è la contemplazione del volto di Dio crocifisso». (Carlo Maria Martini) Tutti gli evangelisti danno amplio spazio al racconto delle ultime ore di Gesù, prendono per mano il lettore e quasi lo fanno diventare protagonista di quello che sta avvenendo. E’ un invito rivolto anche a noi perché prendiamo posizione, esortandoci a non rimanere semplici spettatori, neutrali di fronte alla tragedia di Gesù, che consapevolmente non ritenne un privilegio essere Dio, ma «svuotò se stesso assumendo la condizione di servo ». (Fil 2,7).
Nasce spontaneo un sentimento di partecipazione viva agli eventi e alla sorte non solo di Gesù di Nazareth, ma anche di tanta gente perseguitata, mortificata, uccisa da prepotenze e malvagità annidate dentro persone e istituzioni operanti in questo nostro tempo. Gli innocenti che muoiono per questa pandemia che ci costringe nelle case, sono il volto di Cristo martoriato, che dalla croce grida la sua disperazione e la sua fiducia al Padre. Gesù è morto per la cattiveria degli uomini, per la loro incapacità di cogliere la bella notizia che portava, per la loro chiusura al futuro, che è il luogo dove Dio abita. La moglie di Pilato avverte il marito del presagio avuto in sogno: «Non aver nulla a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua». Parole che non sortiscono alcun effetto. Anche allora il potere politico aveva norme da osservare per andare d’accordo con quello religioso. Gli avvenimenti precipitano: «Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito. Ed ecco il velo del tempio si strappò da cima a fondo…» La parte più sacra, riservata e inviolabile del tempio dove, secondo la tradizione ebraica dimorava Dio, e dove poteva entrare il sommo sacerdote una sola volta all’anno, ora sembra voler accogliere tutti. Sì, perché Gesù dona a tutti la possibilità di incontrare Dio, perché Gesù d’ora in poi è il corpo di Gesù e il corpo dell’uomo il tempio di Dio!
Il Vangelo termina con l’immagine della pietra sigillata all’ingresso del sepolcro. Le guardie dovevano accertare che il corpo non venisse trafugato e quel morto potesse essere creduto risorto. Chi farà rotolare via la pietra? Chi farà in modo che Gesù possa essere creduto vivo oggi? Occorre saper sostare come le donne presso il sepolcro e piangere per le infinite croci del mondo, dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli. Se guardiamo a questi giorni di paura, di pianto e di morte occorre che ciascuno sappia che può essere fatale l’indifferenza verso i fratelli, che ogni atto può donare vita o condannare a morte.
Nei giorni della pandemia Gesù grida con noi dalla croce il suo dolore al Padre, e il Padre che ama scende a condividere con ogni donna e con ogni uomo la devastazione della sofferenza e della morte. E nel corpo martoriato di Gesù, possiamo leggere oggi un ammonimento: state attenti che questo male che attanaglia la terra non rechi più ferite alle coscienze che ai corpi degli uomini.
Ma nel Vangelo c’è subito, ancor prima della Risurrezione, la fiducia di Gesù nel consegnarsi alla morte, c’è la fede del centurione che nel morire di Gesù riconosce la grandezza di Dio. La speranza non viene soltanto dalla Risurrezione, ma anche dal fatto che il Figlio di Dio abbia vissuto la nostra stessa morte, anche lui, come noi, angosciato. E con Turoldo il credente può guardare la croce nel silenzio di Dio ed esclamare: «Ma ora / ora so / che presto / tutto si svelerà… / E io ti dico: Eccomi!»
Il volto di Cristo crocifisso mi richiama il volto di tutti i sofferenti? So portare la mia croce seguendo Gesù e schiodare i crocifissi che incontro?
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