DOMENICA 29 MARZO – QUINTA DI QUARESIMA ANNO A
Ez 37, 12-14; Sal 129; Rm 8,8-11; Gv 11,1-45
Continuiamo il nostro cammino in questa quaresima di dolore. Sento le voci delle tante persone che stanno rinchiuse nelle loro case, spaurite, ma anche sorrette dalla speranza. Qualcuno prega, qualcuno legge e molti riflettono sul tempo trascorso, sul senso del vivere, di ciò che è passato, del presente e del futuro.
Nel brano evangelico di oggi Giovanni narra l’episodio della risurrezione di Lazzaro. E’ il dono che Dio ci fa in questa quinta domenica ormai vicina alla Pasqua. Lasciamo che questa Parola entri dentro di noi e accogliamola con gratitudine.
Gesù giunse a Betania, che dicono si possa tradurre con «casa dell’afflizione», cioè del dolore e della sofferenza. Ogni nostro paese, ogni casa è oggi un posto di dolore. Là Gesù aveva un amico, Lazzaro, che era morto. Le sorelle, Marta e Maria lo rimproverano con dolcezza, manifestando il loro dolore e la loro fiducia in Lui. «Se tu fossi stato qui, nostro fratello non sarebbe morto.» Perché sei stato assente? Perché sei arrivato in ritardo?
Questo ritardo non significa indifferenza nei confronti degli uomini, è piuttosto il segno dell’amicizia. Gesù non vuol cambiare le leggi della nostra esistenza, modificare il decorso della malattia, ritardare il momento della morte. Egli è venuto a dare un senso nuovo ai nostri giorni e al nostro futuro: voi morirete un giorno, la vostra patria non è su questa terra, ma la morte non sarà per sempre, perché voi non sarete abbandonati da chi vi ama fin dall’origine del mondo. E Gesù, davanti al sepolcro scoppia in pianto. Quel suo pianto è come una ribellione. Le sue lacrime sono le nostre lacrime, la sua rabbia è la nostra rabbia di fronte a queste morti, dove uomini e donne se ne vanno senza un familiare che accarezzi loro il volto. Solo i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, che tengono loro la mano, che ascoltano il loro lamento; sono la presenza di Gesù che ancora ripete: «Qualunque cosa abbiate fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.» «E Gesù scoppiò in pianto». Qui impariamo come è Dio: lo impariamo dalle sue lacrime. Il perché Dio vuole che nessuno si perda nel nulla, ma risorga, sta in queste lacrime, segno di un amore che non si arrende. Ce ne andremo da questa terra, ma la morte non avrà l’ultima parola, perché l’amore di Dio è per sempre. Il suo pianto è la sua dichiarazione di amore per noi, per ciascuno. E’ un urlo contro la devastazione della morte; è il grido che annuncia la vittoria di una vita nuova. «Gesù gridò a gran voce: Lazzaro, vieni fuori!» E Lazzaro esce avvolto in fasce. E’ come un bambino. Rinasce! Lazzaro morirà ancora, ma ormai gli si spalanca la porta di una speranza invincibile: qualcuno è più forte della morte! E questo è l’augurio per ogni cristiano, per tutti quelli che hanno nostalgia di Dio; è l’augurio per chi in questo tempo tristissimo piange e muore, lotta e non si arrende: Dio è in te, ti ama fino al pianto, muore per te. E il suo amore è un tarlo che rode le bende, è la luce che illumina la notte, è l’amore che fa rotolar via la pietra che pesava all’imboccatura del cuore. Esci, sii libero e vai, dice a ciascuno di noi questo Vangelo. Sono verbi pieni di vita e di futuro: va’ a costruire più amicizia, più coscienza, più solidarietà e più pace. Vai a scoprire che il volto di Dio è il volto di Gesù e che se il suo nome è «amico», il tuo nome è «amato per sempre». Io non posso non abbandonarmi fra le braccia di questo Dio; io credo nel suo amore anche quando non lo sento, come credo nel sole anche quando non lo vedo.
Le nostre comunità sanno essere accanto a chi soffre e porre dei segni di vita piena nei momenti difficili e anche nei momenti sereni? So fidarmi di Dio anche quando il suo amore sembra ritardare?
Lascia una recensione