DOMENICA 8 MARZO SECONDA DI QUARESIMA
Nell’indifferenza generale si sta consumando nella provincia siriana di Idiib una tragedia di proporzioni immani. Secondo le Nazioni Unite almeno novecentomila persone, fra cui moltissimi bambini, stanno tentando di scappare dai bombardamenti aerei e dai colpi di artiglieria. Ma non hanno un posto dove andare, perché l’unico orizzonte è la frontiera turca, chiusa. Decine di bambini di pochi mesi o pochi anni muoiono di freddo e di fame…. Nel mondo poi c’è il coronavirus a spargere terrore e irrazionalità.
E Gesù chiama oggi i cristiani a salire sul monte con Lui. Come Pietro, Giacomo e Giovanni sono disorientati, non possono accettare il progetto di Dio. Non ci può essere un Messia che non sia trionfante, che accetta la croce, la sofferenza…. Anche oggi la morte sempre più ci appare come la fine di tutto, una distruzione totale. Per capire il progetto di Gesù, l’evangelista ci invita a scoprire cosa era successo sei giorni prima della Trasfigurazione.
Gesù dopo aver annunciato la passione ai discepoli specifica: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.» (Mt 16,24). E’ un momento di grande fatica per Gesù e i suoi messaggi. La reazione più naturale è ribellarsi: questo non potrà capitare! Nessuno può immaginare un futuro così drammatico. La mancanza di speranza e l’assenza di prospettive può indurre anche i credenti a pensare all’apocalisse imminente e magari a provare a salvare se stessi dimenticando gli altri. La fede però «spinge ad essere creativi e creatori, disposti a spendere energie per camminare sulle vie sempre originali dello Spirito.» Pietro è testimone della Trasfigurazione ed esclama: «E’ bello per noi stare qui…» Egli colloca Mosè ed Elia non subordinati a Gesù, ma sullo stesso piano. Ha certamente riconosciuto che Gesù è il Messia (Mt 16,16) «ma non vuole che si separi dalle categorie dell’AT… L’attività di Mosè ed Elia si caratterizzò per la loro violenza contro i nemici di Dio e del suo popolo.» (J. Mateos, F.Camacho). Era quindi importante attribuire anche all’opera di Gesù l’idea di forza, potere, rivincita e gloria. Mosè ed Elia parlano con Gesù, non con i discepoli: il punto di riferimento è Gesù solo! E la voce dalla nube invita proprio ad ascoltare Lui, ad andare oltre la legge e i profeti. Tutto quello che è scritto nella legge e nei profeti, che coincide con l’insegnamento di Gesù va accolto, ma tutto quello che si discosta, va tralasciato.
La trasfigurazione, che è un anticipo della Risurrezione, è un seme di speranza che viene piantato nella terra della vita di tutti i giorni, che non astrae dalla vita quotidiana. E infatti i tre discepoli «alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù da solo.» (Mt 17,8) Ecco l’invito stupendo che ci viene da questo brano del Vangelo: lasciarsi illuminare soltanto dalla luce che viene da Dio, dalla luce che abita anche in ciascuno di noi. I credenti sono chiamati a dar libero sfogo alla luce che li abita, «a stupirsi come gli innamorati, il cui volto è trasfigurato dalla luce che hanno dentro.» (A.Casati) Sul monte non c’è più Mosè, non c’è più Elia, non c’è più la nube e neanche la voce. C’è Gesù, tornato ad essere quello di sempre, un uomo in carne e ossa. Quello che è difficile, lo fu per i discepoli, lo è per i credenti di tutti i tempi, non è pensare al Gesù storico, è percepire la sua presenza oggi come Risorto che rimane con noi. E’ questa presenza che non ci lascia nella disperazione di un mondo violento e disperato, ma ci dà forza, coraggio e creatività capaci di irradiare la luce del suo volto trasfigurato.
Com’è la mia esperienza religiosa? Mi aiuta a costruire buone relazioni con gli altri e a collaborare al progetto di Dio? Salire sulla montagna è l’immagine del salire verso Dio: come vivo il mio cammino di conversione?
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