Lo spunto
L’eccezionale fenomeno meteorologico che ha colpito il Trentino l’autunno 2018 ha distrutto 20.000 ettari di bosco con schianti e sradicamenti di piante d’alto fusto per oltre 4 milioni di metri cubi di legname con gravi danni economici, paesaggistici ed ambientali.
Nelle scelte progettuali della pianificazione delle attività di recupero dei soprassuoli boschivi è prevista una riforestazione delle aree denudate anche con soluzioni che diano avvio ad insediamenti di specie arbustive spontanee.
Si presenta infatti l’occasione di alternare le zone riservate a fustaia con adeguati “Spazi aperti” nei quali la flora spontanea si possa manifestare con tutto il suo corteggio e gli insetti e gli animali selvatici possano trovare nutrimento e ricovero in perfetta simbiosi con l’ambiente, dando così l’avvio ad una evoluzione variegata, favorevole ad un equilibrio ecosistemico, paesaggistico ed ambientale.
Sui versanti dai quali si possono staccare valanghe pericolose per gli abitati e per la viabilità il Piano provinciale prevede interventi bonificatori con l’installazione di strutture paravalanghe. Per ragioni paesaggistico-ambientali e di costo tali opere dovrebbero essere costruite utilizzando il legname. Data la durata temporanea del materiale legnoso, soggetto a decomposizione per marcescenza, la loro funzione col tempo si annulla, mentre viene sostituita dalle piante ormai pluriennali messe a dimora e da quelle insediatesi per disseminazione naturale.
Brevi tronchi di piante schiantate e grosse ceppaie divelte non vanno rimosse in quanto concorrono a contrastare lo slittamento del manto nevoso e, decomposte, contribuiscono ad arricchire l’humus e l’instaurarsi della biodiversità entomologica e microbiologica dell’ecosistema forestale.
Va tuttavia tenuta presente la necessità di monitorare la eventuale presenza di insetti xilofagi e di disporre mezzi di difesa dagli attacchi dei coleotteri scolitidi, il bostrico in particolare. Per la progettazione e la gestione delle opere paravalanghe si rileva la mancanza di specifiche normative per la validazione dei progetti, per il collaudo in sito delle strutture, della tempistica dei controlli sul campo per verificare l’efficienza delle singole opere soggette ad un progressivo deterioramento, in particolare degli ancoraggi al terreno. La mancanza di controllo sistematico e di tempestive manutenzioni rendono le opere sempre più inefficaci, mentre si rinnova il pericolo di valanghe, meno avvertito dalle popolazioni minacciate, rassicurate dalla presenza di opere ritenute efficienti.
Elio Caola
“Sciate senza segarmi”, dice nella vignetta l’alberello a chi gli viene addosso, simbolo quasi di tutte le aggressioni che il bosco deve subire, dagli sbancamenti impiantistici al fuori-pista selvaggio, dai Suv al calpestio dei fungaioli o di chi va a rubare formicai …
Il bosco è un capolavoro di equilibri vitali, ma troppo spesso viene dato per scontato, terreno di gioco non rispettato. Lo sottolinea Elio Caola, nel suo intervento, che invita soprattutto a saper guardare al bosco con occhi nuovi.
Sta qui la “lezione” di Vaia, perché quella tempesta da un lato ha mostrato che la natura resta più forte dell’uomo e di ogni sua tecnologia – e va quindi rispettata ed anche temuta – dall’altro che il bosco resta lo specchio dei rapporti dell’uomo con la natura, ma anche con se stesso.
Il bosco riflette l’equilibrio che l’uomo sa intrattenere con la vita, ma anche le fratture che lo spezzano. E’ il luogo della bellezza di un fiore e degli schianti di un uragano, di apparizioni quasi magiche quando nella radura i rovi con le rosse ampomole si offrono a chi vi sosta, e di segreti rifugi, nel silenzio, per l’orso e al tempo stesso per l’uomo braccato dalla modernità violenta. Vaia ha rotto un equilibrio, ma non è la prima volta che i boschi denunciano rotture e distruzioni sulla montagna trentina. A fine Ottocento, con la grande alluvione del 1882 i boschi apparivano depauperati in maniera impressionante. Ne danno testimonianza i racconti degli alpinisti inglesi e tedeschi (Freshfield, Payer) e le stesse fotografie (Val d’Algone!) .
Ma anche cento anni fa, dopo la Grande Guerra, sugli Altopiani da Vezzena ad Asiago, sconvolti dalla Strafexpedition non resisteva un albero, e così sul Calisio e sul Bondone. A reimpiantare furono gli scolari delle elementari, anni Cinquanta, nelle belle gite a piedi (da Levico a Vezzena, dalla Cà dei Gai di Piedicastello a Candriai) con i loro maestri, per la “festa degli alberi”. Ora il bosco ha funzioni più complesse. I pascoli sono una componente del bosco così come in uno spartito musicale le pause fanno parte delle note. Le radure sono attimi di respiro che consentono la crescita di lamponi, mirtilli, funghi … per gli uomini e gli animali. Qualche “finestra” libera che si apra sulle strade forestali può risultare utile per poter ammirare il panorama circostante.
Dopo Vaia, quindi non basta rimboschire, occorre farlo con “visione” e attenzione. E’ questo l’invito di Elio Caola, dirigente forestale “storico”, pioniere nello studio di neve e valanghe, presidente del Soccorso Alpino e poi presidente generale della Sat, ma soprattutto uomo di montagna (di Pinzolo) consapevole che la montagna è, per tutto il Trentino, non solo una risorsa ma una impronta di libertà.
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