Dal presidente della Repubblica, a Trento per il centenario di Chiara Lubich, parole forti sull’attualità del suo impegno per l’unità e per il dialogo nel mondo |
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Cadine, 25 gennaio 2020 – E’ stato il Coro della Sat con la sommessa “Montanara”, un canto che anche le prime pope intonavano sui monti del Primiero, ad accogliere l’arrivo ufficiale del Capo dello Stato in un’ambiente familiare. Un focolare, verrebbe da dire. E subito l’abbraccio circolare dell’auditorium del Centro Mariapoli di Cadine, dedicato a Marilen Holzhauser, ha coronato i cenni d’intesa fra Sergio Mattarella e Maria Voce Emmaus, prima successora di Chiara Lubich.
L’evento clou di questo centenario è volato via per un’ora e mezzo sulle ali della bellezza musicale e iconografica, senza cedere alla nostalgia e all’amarcord. Tutte proiettate in avanti le voci dei “testimoni” venuti da ogni continente (vedi pag.6), ma anche l’intervento di Maria Voce: “Avverto impellente il desiderio di rimettere a fuoco il nostro unico obiettivo – ha puntualizzato la presidente del Movimento, rispondendo a due giovani Gen ma idealmente a tutti i 400 raccolti a Cadine e tanti altri videocollegati – unico per tutti: vivere e agire per costruire un mondo diverso da quello in cui siamo, un mondo unito”. Ed ha attualizzato: “A questa società che sembra senza radici e senza meta, occorre rispondere con radicalità, con l’«estremismo del dialogo»! Un dialogo che richiede il massimo di coinvolgimento, che è rischioso, esigente, sfidante, che esige una “cultura della fiducia” che punta a recidere le radici dell’incomprensione, del sospetto, della paura, del risentimento. Oggi occorre arrivare ad una “civiltà dell’alleanza”: una civiltà universale dove i popoli si considerino parte della grande vicenda, plurale e affascinante, del cammino dell’umanità verso l’unità, per riconoscersi liberi, uguali, fratelli”.
Estremismo del dialogo, cultura della fiducia. Mattarella ha raccolto questi valori, incorniciandoli dentro il “carisma dell’unità, tratto fondamentale della spiritualità di Chiara Lubich, nato dalla fede”, eppure “con importanti riflessi sociali”. L’unità genera fraternità, “a cominciare da chi ci sta vicino, cosa che talvolta è la più difficile. Senza pregiudizi né barriere. La fraternità è un valore universale, che non ammette confini o distinzioni”, incalzava Mattarella. E, avendo conosciuto Igino Giordani, padre costituente e cofondatore del Movimento, di “travolgente semplicità e autenticità”, presentava la fraternità pure come “categoria politica”, che porta ad “amare la patria, quella altrui come la propria”.
Sembra una riflessione a voce alta quella di Mattarella: “Vien da pensare che le tre parole chiave che la rivoluzione francese ha trasmesso alla modernità politica – libertà, uguaglianza, fraternità – hanno visto questo terzo termine, questo terzo concetto un po’ più indietro, quasi relegato in secondo piano per effetto degli interessi materiali delle nostre società. Ma è quello della fraternità un elemento cruciale della convivenza. E anche un motore di benessere”.
L’Europa, le democrazie ne hanno bisogno, per “superare le disuguaglianze,risanare le fratture sociali, per impedire la legge del più forte”. Mattarella, accompagnato a Trento dalla figlia Silvia, segnala anche l’intuizione dell’Economia di Comunione, “un orizzonte nuovo, ma tutt’altro che marginale nelle società; importante nella prospettiva di economie sostenibili che sono quelle naturalmente compatibili con l’ambiente, fanno superare le diseguaglianze, riescono a conciliare produzione e cura delle persone. Se l’economia di comunione crescerà, si allargheranno anche l’eguaglianza, la giustizia e il benessere”, osserva passando poi a esaltare anche l’impegno di Chiara “costruttrice di pace” anche “nel dialogo fra le religioni”. “Gli uomini e le donne che hanno maggior coraggio – afferma Mattarella – sono coloro che avvertono la reciproca interdipendenza, che hanno la pazienza di costruire e la lungimiranza per guardare lontano. Per costruire ci vuole capacità di dialogo, occorre rispetto, senso del proprio limite. Bisogna essere capaci di cercare le verità presenti negli altri, compresi coloro che non la pensano come noi. Questo è in realtà è il senso civile dell’unità e del carisma che Chiara Lubich ha manifestato e ha diffuso”.
Mattarella ha descritto il dono di Chiara come un grande segno di speranza, “partendo da quell’abisso di umanità che era stata la guerra”. Dulcis in fundo, la frase diventata subito un titolo nelle agenzie e sui social: “Si può essere forti, molto forti, pur essendo miti e aperti alle buone ragioni degli altri. Anzi – in realtà – per dirla con sincerità, come dimostra la vita di Chiara Lubich, soltanto così si è davvero forti
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