DOMENICA19 GENNAIO SECONDA DEL TEMPO ORDINARIO A
Is 49,3.5-6 1 Cor 1,1-3 Gv 1,29-34
Questa è la seconda settimana del tempo ordinario, così chiamato perché si distingue dai tempi forti, come l’Avvento, la Quaresima, la Pasqua. Non è un tempo meno importante; è un tempo diverso, perché non celebrerà eventi solenni, ma ci inviterà a ritrovare dentro di noi le motivazioni per vivere una «fede feriale», nella normalità dei nostri giorni, una fede capace di farci riflettere e vivere secondo Dio. Il nostro è un tempo che ci ha abituati a pensare che ciò che chiamiamo ordinario sia qualcosa di poco interessante, anzi di monotono e ripetitivo. E può accadere che anche per la preghiera domenicale della chiesa si senta il peso di una partecipazione senza entusiasmo e monotona al giorno del Signore che siamo chiamati a celebrare. E’ come se la Parola di Dio perdesse valore e incisività nelle nostre esperienze, perché incapace di offrire un qualche apporto alle esperienze individuali e collettive. Ma ognuno che legge e medita e prega la Parola è sempre chiamato a cercare e trovare ciò che appartiene alla vita degli uomini, ciò che fa emergere la sete di giustizia e di verità di tanta gente anche nei nostri giorni. Nella prima lettura che la liturgia ci presenta ci viene presentata la figura di un servo (Is.49,3.5-6) che rivela che Dio è sempre un Dio-con-noi. Attraverso un servo, non un re potente, noi possiamo cogliere chi è Dio. Grazie alla sua «piccolezza e debolezza» è capace di un amore che abbraccia il mondo intero. Questo servo è «luce delle nazioni», è colui che porta la salvezza «fino agli estremi confini della terra.» Tutto questo è possibile grazie alla forza della parola di Dio. «In un mondo in cui l’ascesa e il crollo delle nazioni sembra determinato non dalle parole dei profeti, ma dagli eserciti imperiali, questo potrebbe apparire come un equipaggiamento troppo leggero. Ma non è così perché il servo non è un eroe solitario» (Paul D. Hanson); l’efficacia della sua missione è custodita da Dio stesso, che si fa incontro ad ogni uomo e decide di condividere fatica e responsabilità. Una parola che può darci speranza e coraggio nel cammino di testimonianza, è anche quella che troviamo nella seconda lettura. E’ l’inizio della lettera che Paolo scrive ai cristiani di Corinto e che ci accompagnerà anche nelle domeniche seguenti. Cominciamo un bel cammino in ascolto di questa lettera. Dico bel cammino perché Paolo si rivolge ad una comunità molto piccola. Poche persone rispetto alla grandezza della città (500.000 abitanti già a quei tempi!) però coraggiose e decise a vivere il vangelo in un luogo difficile, dove i due terzi degli abitanti erano schiavi, sottopagati, sfruttati, senza diritti civili. Una comunità che possiamo definire pagana, e che vive molto distante dai valori del vangelo. Un piccolo seme, una piccola luce questa chiesa, della quale Paolo è sempre stato molto orgoglioso! Dalla lettura che faremo settimana dopo settimana, ci viene un invito a guardare lontano, a guardare oltre, perché c’è un dono che viene fatto all’apostolo, che egli estende ai Corinti, e deve essere esteso a tutti: più che una santità singola, personale, c’è una santità di Chiesa che sostiene e incoraggia l’agire di tutti.
Nel Vangelo incontriamo Gesù che battezza e che non fonda il battesimo sulla salvezza dell’anima, non ha invitato a metterla al di sopra di ogni altro interesse. Una volta si diceva che la caratteristica del cristiano deve essere la preoccupazione a salvarsi l’anima, una preoccupazione che rischiava e rischia di portare il cristiano a coltivare un grande egoismo, ammantato di spiritualità. Gesù capovolge questo modo di pensare: «chi vuol salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia la salverà.»(Lc 9,24) Non va custodita con egoismo la vita, ma consegnata all’Altro, a Dio, che è sempre presente negli altri. Lo scriveva Bonhoeffer: «Non fissarti sulla purezza della tua anima. Fissa invece lo sguardo su ciò che Dio ti assegna da fare e consegna con fiducia a lui la tua anima. Egli se ne prenderà cura sicuramente più di te.» Questo è il compito di ogni battezzato.
E secondo voi?
C’è la consapevolezza nel nostro agire di cristiani di non voler dominare, ma di educarci all’agire di Gesù, che è «mite e umile di cuore?». Pensiamo più alla salvezza della nostra anima o a rispondere agli appelli di Dio?
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