Il Dio mite di Gesù

Questi è il figlio mio, l’amato. L’illustrazione di Lorena Martinello è tratta dal calendario per bambini “Due piccoli pesci 2020”, edito da Vita Trentina

DOMENICA 12 GENNAIO – BATTESIMO DI GESÙ

Is 42,1-4.6-7; Sal 28; At 10,34-38; Mt 3,13-17

Il Battesimo di Gesù, che la liturgia celebra ogni anno, è una delle manifestazioni di Gesù, è il suo farsi conoscere come Figlio di Dio. Sul fiume Giordano, dove Giovanni battezzava, noi possiamo ascoltare la voce del Padre, e sentire dentro di noi un’urgenza, una necessità che si traduce nel bisogno dei volti e non di miracoli, nel bisogno di simboli e non di prove, nel bisogno di domande, non di rassicurazioni.

Può succedere così per noi, come per il Battista, di non rimanere fissi nella nostra idea di Messia. Fino a quel momento egli attendeva un Messia giudice, con in mano una scure da mettere alla radice degli alberi, con un fuoco per bruciare tutti i frutti non buoni. (cfr. Mt. 3,10) Questa era l’idea del Battista, ma poi ha sentito una voce, ha incontrato un volto, ha incrociato lo sguardo di un uomo confuso nella folla dei peccatori. E il fuoco, il ventilabro, il giudizio dove erano finiti? Non era Gesù l’uomo forte che con la sola presenza e con il suo potere metteva a posto ogni cosa e convertiva i peccatori? Gesù, però, nel battesimo vuole indicare qual è il suo stile: «annunciare il Vangelo con mitezza e fermezza, senza gridare, senza sgridare qualcuno, senza arroganza o imposizione» (Papa Francesco).

Gesù non entra come un trionfatore nel suo popolo, in mezzo agli uomini bisognosi di salvezza, ma come un uomo mite. Qualche dubbio può talvolta assalire anche noi, come il Battista, perché ciò che aspettiamo non si avvera, perché siamo spettatori di un’umanità che anche dopo la venuta di Cristo non cambia, continua ad essere tormentata dall’odio, dalle guerre e dal razzismo, perché non riusciamo a costruire «la civiltà dell’amore». E oggi questa brano del Vangelo chiama ancora una volta ciascuno di noi ad essere parte attiva, non semplici spettatori.

Mi piace pensare che quando Matteo scrisse: «Questi è il mio figlio» (Mt 3,17) abbia riportato una conversazione in cui anche Giovanni e chi era presente quel giorno, anche noi siamo coinvolti e invitati ad entrare nell’acqua del Giordano, di quel fiume che è come una vena che taglia il deserto; «siamo invitati ad entrare nell’ acqua che è la culla della vita, dove l’uomo nasce e Giovanni fa rinascere con la conversione.» (E. Ronchi).

Eccoci dunque chiamati ad amare la vita e la terra; a non condannare la terra a una morte lenta ma inesorabile, a donare all’uomo giorni di pace, di giustizia, di serenità. Condivido, per concludere alcune espressioni di una preghiera che mi ha aiutato a non cercare un Dio giudice, ma il Dio mite di Gesù…. “Ti aspettavo Messia, ricco e potente ma vedo solo povertà e fragilità. Ti aspettavo circondato dai grandi di questo mondo ma ti vedo con gli ultimi, con i più disprezzati. Ti aspettavo per dare ai cattivi quello che gli spetta e arrivi regalando misericordia a tutti. Ti aspettavo uomo, adulto, formato, mi sorprendi, perché sei un neonato”.

E in questa domenica potremmo aggiungere: ti aspettavo battezzatore e ti lasci battezzare; ti aspettavo pronto ad ascoltare: “Fate largo! Sono il Messia!” E invece arrivi confuso, mescolato, in fila come tutti; ti aspettavo pronto a giudicare, a condannare, e invece scoprirò che sarai tu ad essere il condannato. Gesù ha saputo operare una scelta grandiosa, che forse ci inquieta: ha deposto il suo io (vedi Fil 2,6) per mettere al centro l’altro (vedi Mt 25,40) ha sempre fatto emergere il bene delle persone e delle comunità.

I cristiani sanno mettere da parte il loro orgoglio, il loro voler apparire per fare spazio agli altri, ai più piccoli e insignificanti? Cercano di imitare Gesù, il figlio di Dio che non giudica, che accoglie, che non fa distinzioni fra gli uomini?

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