All’avvio del centenario (nacque a Trento il 22 gennaio 1920), evidenziare queste radici non è un vanto: richiama ad una forte responsabilità.
“Ho nostalgia di tante gite in Paganella…se potessi me le porterei via queste montagne” ci aveva sinceramente confidato Chiara Lubich nella conferenza stampa della sua visita a Trento nel 1995. Questa passione per la montagna, fonte d’ispirazione nelle estati in Primiero, era uno dei tratti ancora distintivi delle sue origini trentine; come la chioma con l’inconfondibile acconciatura e l’uso abituale del nostro dialetto nelle conversazioni in casa.
All’avvio del centenario (nacque a Trento il 22 gennaio 1920), evidenziare queste radici non è un vanto: richiama ad una forte responsabilità.
Non si tratta infatti di celebrare un personaggio che milioni di persone considerano come una “seconda mamma” spirituale; i focolarini per primi non vogliono fare di Chiara un santino. La responsabilità è quella di favorire un incontro reale con quel carisma spirituale che va ben oltre la fondatrice, farsi interrogare dall’annuncio di una Parola di unità e fraternità che si è fatta carne in una comunità cosmopolita.
Come Vita Trentina scriveva dopo il funerale a Roma nel 2008, si tratta adesso di “tradurre senza tradire”, diffondere questa storia (tutt’altro che esaurita) senza sciuparla, edulcorandola o anestetizzandola. Che è vicenda collettiva, di un popolo, non di una singola persona: lei lo ricordava spesso, non dimentichiamolo anche ora che è ben avviato il processo di beatificazione.
“Chi beve l’acqua, pensa alla sorgente”, diceva il proverbio cinese citato nel 2001 dalla Lubich al palazzetto di Trento nel rievocare i primi passi. Nel sorgere del carisma determinante è stato il contesto culturale ed ecclesiale della nostra autonoma terra di confine: lo hanno dimostrato i curatori della mostra visivile per un anno intero presso “Le Gallerie” di Piedicastello a Trento e lo documenta in modo approfondito il biografo Maurizio Gentilini (vedi pag. 11) nel suo testo che si può considerare il primo dono di questo centenario. Anche perché sottolinea la complessità di questa figura, per la quale – come è avvenuto per altri grandi mistici – non sono mancati accanto all’esplosione di luce nel mondo anche faticosi periodi di buio personale.
Per aiutare a leggere la poliedrica emanazione dell’opera di Chiara Lubich abbiamo raccolto in questo numero “da collezione” alcuni contributi che possano aiutare “vicini” e “lontani” a cogliere quest’eredità profetica. Per la Chiesa trentina (e anche italiana) questa responsabilità può ben inserirsi in un progetto pastorale d’impronta bergogliana: centralità della Parola, “focolari” di piccole comunità credenti, scelta collegiale dei “minimi” (i poveri), rilancio del dialogo ecumenico e interreligioso, protagonismo laicale e femminile anche in ruoli di vertice, fecondità della teologia trinitaria, che è motrice di relazioni feconde.
Questa “trentina prestata al mondo, che ora porta il mondo a Trento”, come dice il sindaco della città Alessandro Andreatta nel benvenuto a migliaia di visitatori nel 2020, sarà onorata nella misura in cui – prima di essere premiata e citata – sarà conosciuta, seguita e soprattutto imitata. Potrebbe essere il nostro impegno per quest’atteso centenario.
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