Don Valerio Bottura, il poeta di Dio

Don Valerio Bottura

Lo scorso 28 febbraio don Valerio Bottura aveva raggiunto il traguardo del secolo di vita, festeggiato presso l’Infermeria del Clero. Lì si è spento nel giorno di Santa Lucia, venerdì 13 dicembre. Era il secondo sacerdote trentino per anzianità, dopo don Guido Avi, ed ha avuto il dono di una quarta età lucida e feconda, durante la quale aveva dispensato a molti la sua visione serena e riconoscenze della vita.

“Ci tengo a ringraziare tutti coloro che mi sono stati vicini e mi hanno voluto bene. Ma voglio ringraziare anche coloro che mi hanno dato qualche dispiacere: certe volte il bene lo si vede solo in un secondo momento”, aveva confidato a Vita Trentina nell’intervista dello scorso febbraio.

Ordinato sacerdote il 10 aprile 1943 il sacerdote di Aldeno – che ha svolto il suo ministero sacerdotale anche a Centa San Nicolò, Borgo Sacco, Valmorbia, Pannone, Roverè della Luna e Calliano (suo ultimo incarico) – era tornato nel suo paese natale dove lo scorso anno il sindaco e il parroco di Aldeno avevano festeggiato lo scorso anno il 75° di sacerdozio. E si era sentita allora la vena poetica di don Valerio, un talento che molti hanno apprezzato in questi anni, a partire dagli amici del gruppo roveretano “Poesia ‘83”.

Don Valerio Bottura ha scritto oltre a poesie dialettali anche canti religiosi e inni liturgici, testi teatrali, operette musicate e drammi storici. Fra gli altri, “Mio padre e la saga dei 40 di Aldeno” in cui nel 2013 raccontava dei soldati aldenesi, prigionieri in Russia, durante la Grande Guerra 1914-1918, compreso il padre Ottilio. In ambito storico ha scritto pure due libri su Calliano: sul paese con la famosa battaglia e sulla chiesa parrocchiale di San Lorenzo.

Don Valerio si è definito più volte miracolato per quello che ha passato nella vita. “Nel 1995, quando in aprile Giovanni Paolo II aveva fatto visita a Trento – aveva detto al nostro corrispondente Gino Micheli – ero parroco a Calliano e l’arrivo del Papa era stranamente coinciso con l’avvio di un dolore che mi aveva accompagnato per un lungo periodo. Una forte fitta alla colonna vertebrale mi aveva causato una grave infezione nella vertebra dorsale il cui responso, scoperto in ritardo, voleva dire rimanere paralizzato o morire. Dal 1997 al 1999, avevo trascorso due anni di degenze, fra vari ospedali di Verona, Rovereto e Trento. Per questo mi considero un miracolato”.

Nell’utlima intervista gli avevamo chiesto come si immaginava il Paradiso e lui aveva risposto: “Mi viene in mente una poesia che dice: ‘Di pianeta in pianeta, vado fino all’orlo, dove è preparato il mio posto‘. Ecco, io penso che dopo questa vita, troverò il posto che mi è stato preparato”.

Durante il funerale, presieduto dall’Arcivescovo ad Aldeno lunedì 16 dicembre, molti hanno ringraziato il Signore per questa vita sacerdotale così generosa e ricca di doni.

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