DOMENICA PRIMO DICEMBRE – PRIMA DOMENICA DI AVVENTO A
Is 2,1-5; Sal 121; Rm 13,11-14; Mt 24,37-4
Comincia l’avvento, un tempo di speranza. Ma subito si potrebbe obiettare: è ancora possibile sperare? Non ci siamo forse ridotti a sperare in una vincita alla lotteria, in un benessere immediato, in un augurarsi che non ci accada nulla di preoccupante?
Non è per caso che noi cristiani cogliamo della speranza solo un aspetto, per così dire, ripetitivo, dove invochiamo che si “aprano i cieli e le nubi piovano il redentore”? dove aspettiamo il Natale senza sapere bene che cos’è e lo confondiamo con i mercatini, con i presepi che fanno bella mostra di sé in ogni paese, che diventano una specie di spettacolo per rallegrare l’atmosfera natalizia? D’altra parte come si fa a sperare se si vive «come nei giorni che precedettero il diluvio»» quando gli uomini «mangiavano, bevevano, prendevano moglie e prendevano marito» (Mt 24,38)? Cioè quando gli uomini erano impegnati soltanto a vivere di quotidiano, di troppo quotidiano? Vivere è un’arte. Ogni giorno occorre il colore giusto, l’intuizione che non si avvolge su se stessa, il pensiero che varca i confini dell’io e crea il noi. Vivere come ai tempi di Noè significa invece lasciare che lo sguardo arrivi a malapena all’orizzonte del «domani», vale a dire del fine settimana o delle prossime vacanze… Certo, nel mondo succedono molte cose che dovrebbero interrogare, ma siccome sono tutto immersi nei nostri problemi e progetti, pare importante, per sopravvivere, chiudere gli occhi o mettere la testa sotto la sabbia. Ed è già tanto se qualcuno s’ accorgo di chi lo sfiora dentro le mura di casa, di chi vive nello stesso condominio o quartiere. «Vivere come ai tempi di Noè»,è vivere senza vedere i volti di popoli in guerra, di bambini vittime di fame, di violenza e di abusi, volti di donne violate, di migranti in cerca di sopravvivenza e dignità, volti di carcerati, di ammalati, di lavoratori precari che hanno perso la speranza, di disoccupati a cui hanno rubato il futuro. Vivere come ai tempi di Noè senza accorgersi di nulla. Senza accotgersi che la fame di sempre maggior benessere sta generando il rischio di morte per il pianeta. Un nuovo diluvio. «Noè richiama l’umanità di sempre, esposta al grave pericolo della malvagità, quando si allontana da Dio e del suo progetto, e diventa incapace di riconoscere la sua presenza nella storia.» Ad un certo punto il Vangelo descrive due modi diversi di stare al mondo: «Due uomini staranno nel campo, uno sarà portato via e l’altro lasciato…» (Mt 24,40-42). Questi versetti accennano a due modi diversi di vivere, uno, in modo adulto, responsabile; l’altro in modo puerile e superficiale. Uno sa aprirsi al futuro, sa cogliere gli aspetti positivi e i problemi, vuole crescere. L’altro vive chiuso in se stesso, soltanto preoccupato dei suoi problemi e interessi e non si lascia coinvolgere. Di fronte al mondo che cambia rimane spaesato, stordito e alla fine emarginato. Non è il Signore che lo abbandona, è lui che si lascia vivere. Gesù ci invita a vegliare, cioè ad avere il cuore e gli occhi aperti, a cogliere il nuovo che arriva. Vegliare è sapersi interrogare per imparare e sorprendersi, per scoprire ogni giorno che Dio non minaccia il mondo, ma lo ama. L’avvento è attesa di Gesù che verrà bell’ultimo giorno «ma ancora di più è saperlo riconoscere come già presente negli uomini. E’ attesa della nuova umanità che nasce. La nuova arca di salvezza è Gesù: in Lui e con Lui nascerà l’uomo nuovo!» è stato sottolineato nel gruppo del Vangelo della mia parrocchia. I cristiani possono vedere questa realtà, questa nuova creazione, che tra mille insidie viene avanti. Hanno uno sguardo fiducioso che scruta l’orizzonte, quello stesso «sguardo luminoso che dà gioia al cuore», come dice il libro dei Proverbi. (Pr 15,30)
Le nostre comunità vivono il quotidiano senza sogni, adagiate e cullate dalla mentalità comune, o si lasciano interrogare e stupire da Gesù che viene ogni giorno? Guardiamo più al nostro benessere materiale o sappiamo alzare lo sguardo a contemplare il volto di chi non ha dignità?
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