Sulla prima collina il vento fece cadere il seme di un albero rubato al di là del mare…
C'erano due colline che si guardavano, ai piedi delle Montagne Rosa. Erano due colline brulle, due teste pelate che si bruciavano sotto il sole d'estate.
Un giorno sulla prima collina il vento fece cadere il seme di un albero rubato al di là del mare. Il terreno aspro e sassoso oppose una fiera resistenza al germogliare delle sue tenere radici ma, caparbie e perseveranti, esse continuarono a crescere.
Piovve e nevicò e splendette il sole per anni e anni finché… spuntò un piccolo Cedro del Libano.
«Sono solo, ma sono forte» si disse il piccolo Cedro, «e un giorno sarò bello grande, robusto e frondoso!»
Così avvenne. Il Cedro crebbe stagione dopo stagione, anno dopo anno: bevve tutta la pioggia del cielo, succhiò tutti i sali della terra, respirò tutta l'aria lì attorno e fu felice.
Si sentiva il re della collina, il motore del mondo: ascoltava sé stesso e capiva che giorno dopo giorno diventava sempre più forte.
«È stato il vento a scegliere per me una collina sulla quale crescere solitario. E lo ringrazio! Non devo nulla a nessuno per quello che sono diventato. È opera della mia volontà, della mia pazienza, della mia responsabilità se oggi svetto in cima al dosso. E mi sento soddisfatto, realizzato: sono quel che sono perché ho approfittato della buona sorte! E la mia collina mi è grata per averla fatta così bella: adesso vengono da lontano per fotografarla. Io sono felice per lei e per me. Sono forte, sono saldo, la mia scorza è come un'armatura d'acciaio, il mio tronco non può essere cinto nemmeno da dieci uomini che si tengono per mano!»
Superbo protendeva i suoi grossi rami verso il cielo e tutto il paesaggio sottostante dominava incontrastato.
Quando la prima raffica di vento scosse le sue verdi chiome, rise di gusto. «Una brezza, nient'altro che una brezza gentile!» tuonò.
Quando un uragano si abbatté sulla collina, le sue radici scricchiolarono cupe e le sue fronde frustarono furiose l'aria disperdendosi nel vento. Il tronco ondeggiò pericoloso in balia della tempesta. «Sono forte e sono saldo… ma diamine se picchia questo vento!»
Poi venne la pioggia gelida e la grandine spietata, che ne sforacchiò le foglie e scalfì la corteccia. «Sono saldo e sono forte!… ma la mia scorza è rovinata e la mia bella chioma è ridotta a un colabrodo!»
Il primo raggio di sole dopo la tempesta lo colse triste, tremante e spelacchiato.
Accadde poi che una piccola termite si posò sul suo tronco e, trovando il sapore della sua corteccia molto gustoso, decise di farne la sua casa, dando così vita a una colonia di parassiti.
Giorno dopo giorno gli insetti scavarono i loro cunicoli al suo interno, indebolendolo al punto che il Cedro, triste e sconsolato, si chiese se davvero fosse così imbattibile come aveva pensato.
Un temporale di quarantun giorni e quarantun notti inondò la valle ai piedi della collina e un grande lago si creò tutt'attorno. Il solitario Cedro del Libano si vide riflesso in quello specchio d'acqua e non vide solo sé stesso, ma altre meravigliose chiome colorate e arbusti e fiori sulla collina lì accanto.
Vi ricordate di quel primo colpo di vento?
Bene, un secondo colpo di vento gettò sull'altro dosso lì vicino una grossa manciata di semi diversi che caddero un po' ovunque.
C'erano semi di Abete, di Larice, di Castagno, di Faggio… ma anche semi di Papavero, di Gigli, di Funghi, di Mirtilli…
Le piogge, il sole e gli anni passarono veloci e pian piano nacque un'enorme e grandiosa foresta che coprì l'intera testa pelata che stava di sotto. Tanto folta e variegata nei suoi colori che, quando gli uccelli passavano di lì, ne rimanevano affascinati.
Un giorno un Cardellino curioso decise di avventurarsi tra le frasche per scoprire i tesori custoditi in quello scrigno verdeggiante. Che sorpresa quando, posatosi sul ramo di un imponente Faggio, venne disarcionato. L'albero infatti stava litigando furioso con l'Abete lì' accanto per contendersi la luce del sole: lottavano tra di loro per crescere più forti e più alti degli alberi intorno!
Poco più in là un Castagno stava gettando ricci sui Funghi che crescevano sulle sue radici, disprezzandone la presenza effimera e per lui inutile. I funghetti a loro volta combattevano per far notare gli effetti benefici della loro presenza.
Le loro voci erano sovrastate da quelle dei Papaveri che non ne potevano più di dover fiorire anche per gli oziosi Gigli, troppo pigri e svogliati per chiudere i loro petali.
In quel disordine non c'era albero che non invidiasse la beata solitudine del Cedro del Libano che si alzava sulla collina accanto.
Quanta disarmonia regnava in quel luogo che il Cardellino credeva incantato. Indignato, l'uccelletto fece per volar via, m venne sorpreso da un violento temporale che lo obbligò a rifugiarsi nella foresta.
Di fronte a quel temporale anche gli alberi interruppero i loro dissidi. Nel momento in cui l'unico rumore del bosco fu lo scrosciare dell'acqua, si accorsero finalmente della presenza del povero Cardellino infreddolito. Dispiaciuti decisero di collaborare per proteggere il malcapitato. Così tutti assieme (Abeti, Larici, Castagni e Faggi, ma anche papaveri, Gigli, Funghi, Mirtilli…) protessero dalla furia degli elementi l'uccellino ma non solo: scoprirono una verità fino ad allora ignorata: nella loro diversità, ognuno era utile per la sopravvivenza e la bellezza del bosco…
Il temporale durò quarantun giorni e quarantun notti, tanto che un grande lago si creò tutt'attorno. Alberi, arbusti e fiori si videro riflessi in quello specchio d'acqua e non videro solo sé stessi, ma anche il solitario Cedro del Libano che svettava sulla collina lì accanto. E viceversa!
(Il racconto "Le due colline" è frutto di un lavoro creativo collettivo. Mauro Neri, infatti, nel corso dell'assemblea del Servizio Civile Universale Provinciale della Provincia autonoma di Trento (1 agosto 2019) ha guidato un gruppo di operatrici e operatori del Servizio Civile in un laboratorio si scrittura con l'obiettivo di scrivere un racconto che rispondesse a questa domanda: "Il nostro impegno nel Servizio Civile è un insieme di esperienze collettive oppure un’unica, lunga e variegata esperienza individuale?”. Tra le righe del racconto potrete individuare la risposta collettiva che è emersa dalla discussione).
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