Coi giovani un patto educativo

“Dobbiamo puntare sull’educazione, che apre la mente e il cuore a una comprensione più profonda della realtà”, ha ricordato Papa Francesco la scorsa settimana, lanciando per il 14 maggio 2020 l’appuntamento per la creazione di un “patto educativo globale”. Si è fatto riferimento anche a queste parole sabato scorso nelle sale del seminario di Trento, che sono state animate nel pomeriggio da una vivace discussione sul futuro degli oratori, nell’incontro promosso da NOI Trento e dall’Arcidiocesi.

È necessario rigenerare gli oratori perché altrimenti, nel giro di poco tempo, non ci saranno più, ha “provocato” Johnny Dotti, imprenditore sociale bergamasco, autore, tra l’altro, di “Oratori generatori di speranza” (Emp, 2016) e “Più vivi, più umani” (con Mario Aldegani, San Paolo, 2019). Perché? “Ci sono delle ragioni esogene, che vengono da fuori, e delle ragioni endogene, che arrivano dalla nostra storia”, ha spiegato.

Viviamo in un tempo di cambiamenti, in una società caratterizzata, tra le altre cose, dall’invecchiamento demografico, dall’avanzamento della tecnologia e dalla preoccupante questione ambientale. Questi fattori – esterni – incalzano il mondo oratoriale. In particolare emerge una domanda: stiamo dando un senso a quello che facciamo? È il nostro un semplice informare e formare, oppure stiamo realmente educando? “Ci siamo spostati dal senso alla funzione. Oggi l’importante è funzionare; per un cattolico, però, questo è problematico, perché lui non se ne fa nulla del funzionamento senza il senso”, sostiene Dotti. Invece, il sistema tecnocratico sembra voler rifiutare a tutti i costi il senso, perché è scomodo, perché rallenta il funzionamento. Mentre “l’oratorio è il posto della congregazione, non dell’aggregazione”, riflette Dotti. E ciò richiede un senso, una visione condivisa, un po’ come quella che dimostrarono tra gli anni Venti e gli anni Quaranta gli oratori trentini che difesero un valore, quello della libertà, contro il fascismo.

Anche la fragilità fa a pugni con la velocità; ciononostante, è proprio da essa che nasce la solidarietà, necessaria nel difficile compito di educare. “Il tempo dell’oratorio – come l’ha definito Dotti – è quel tempo dove gli adulti si riconoscono fragili nell’educare i propri figli”. Ed è proprio questo il paradosso del cristiano che, da “felice disadattato”, si riconosce forte proprio quando è debole, pronto ad educare, perché l’educare è una “dimensione umana” e non un semplice affare da specialisti.

La sfida, quindi, è quella di imparare a camminare insieme ai ragazzi – e non solo per i ragazzi – nelle nostre comunità. Se ne riparlerà nella serie di incontri previsti nelle otto Zone pastorali della Diocesi di Trento, a partire da sabato 5 ottobre all’oratorio di Dro (ore 14 -17).

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