Parte il Conte 2. Non significa che l’esperimento debba necessariamente fallire, ma solo che lo si dovrà mettere a punto cammin facendo
Che lo si voglia o no il Conte bis è un esperimento, perché mette insieme forze che non sono sulla stessa lunghezza d’onda senza che ci sia stata una vera maturazione per la scelta di varare una alleanza fra loro. Questo non significa che l’esperimento debba necessariamente fallire, ma solo che lo si dovrà mettere a punto cammin facendo. E non siamo sicuri che le parti che hanno sottoscritto la frettolosa intesa siano realmente disponibili a farlo.
Il governo è nato sotto la spinta di uno stato di necessità, per evitare che implodesse la situazione italiana sotto la pressione di un populismo irresponsabile che amava scherzare col fuoco. Hanno lavorato in questa direzione sia forze interne al sistema Italia che forze del panorama internazionale. Da domani però il Conte bis dovrà dimostrare di essere in grado di reggersi sulle sue gambe, ed è qui che si metteranno a nudo le sue debolezze.
Diciamo subito che non è un problema di programmi. Quelli sono più o meno raccolte di titoli sulle cose che sarebbe bello fare. Conte, come più o meno tutti i suoi predecessori, ne ha messe in fila il più possibile, evitando solo di menzionare quelle che non gli avrebbero consentito di rimanere sul generico. I partiti che sostengono il governo hanno accettato, magari con qualche mugugno sottovoce, che si procedesse in quella maniera. Temiamo che poi ognuno di loro creda che tanto lungo la strada ci penseranno i loro ministri a piantare le tanto sospirate bandierine delle operazioni identitarie.
Probabilmente il calcolo delle vecchie volpi della politica è che tanto prima di tutto ci sarà da scrivere la legge finanziaria, dove stanno le risorse per fare le varie operazioni, o per non farle se si registrerà che le risorse non ci sono o non sono abbastanza. Il voto sulla fiducia è di suo una grande sceneggiata, che può essere fatta con un po’ di stile se c’è una classe politica un minimo acculturata o che può ridursi ad una caciara (per usare il termine tecnico romanesco) se i parlamentari hanno imparato a comportarsi facendo i tifosi allo stadio (ed è quello che abbiamo visto, anche con un certo disgusto). Quando invece si affronteranno i temi della finanziaria sarà un’altra musica.
La distribuzione delle risorse incita anche le opposizioni ad usare tattiche più dialoganti, perché chi non porta risultati vantaggiosi per il suo elettorato rischia molto. Con il taglio del numero dei parlamentari che ormai è alle porte, non è per essi il caso di sottovalutare i crediti che si possono accumulare entrando nel perimetro delle trattative. Un po’ di tempo c’è, ma non troppo perché già entro fine mese si deve approntare il primo scheletro dei provvedimenti finanziari.
Certo tutto si incrocia con la campagna elettorale ormai varata per la prima tornata di elezioni regionali (Umbria, Calabria, Emilia Romagna) e dunque da un lato bisogna tenere alta la tensione, ma dall’altro sarà molto utile se ci si potrà intestare la conquista di qualcosa di vantaggioso per i propri elettori. Essendoci in ballo il tentativo di mettere un po’ di soldi in più nelle tasche dei ceti più svantaggiati (ma si vorrebbe arrivare a toccare almeno la prima fascia del ceto medio), ci sarà battaglia da parte della maggioranza per acquisire quel risultato, da parte dell’opposizione per dire che è il minimo che si potesse avere con questo governo, ma che lei avrebbe saputo fare di più e meglio.
Conte deve cercare di sfruttare quelli che pensa siano vantaggi che ha acquisito nei rapporti con Bruxelles, visto che ha appoggiato sin dall’inizio la von der Leyen, che ha marginalizzato Salvini e che per la Commissione ha indicato un personaggio stimato come Gentiloni. Tuttavia non è che può avere più di tanto su quel versante. Personalmente crediamo che sia esagerata l’aspettativa di una UE disposta a farci molto credito per lo scampato pericolo di vedere la Lega al potere. Gli stati membri sono piuttosto egoisti e aiutare l’Italia sia in termini di condivisione del problema dei flussi migratori sia sulla questione della flessibilità finanziaria a fronte del deficit significa per loro mettersi in contrasto con quote piuttosto consistenti delle loro opinioni pubbliche.
Dunque è sul fronte interno che Conte e i suoi ministri devono sbrogliare le molte matasse che si trovano sulle rispettive scrivanie. Per avere speranza di successo devono tutti rinunciare a fare opera più di immagine che di sostanza, cosa per cui non sappiamo ancora se siano tutti veramente pronti.
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