A Margone, se fino alla settimana ferragostana non si registravano episodi eclatanti, ora il rischio di imbattersi nel cosiddetto “onnivoro opportunista” è all’ordine del giorno, addirittura certezza. Immobile in uno slargo non fugge alla vista dell’uomo. Massiccio, imponente e con espressione austera sotto sotto bonaria si lascia perfino accarezzare senza opporre resistenza.
Il suo nome nessuno lo conosce, a differenza di suo “padre” Egidio Petri figura alquanto nota ben oltre i confini provinciali. È lui l’artista dell’incantevole effige ursina intagliata sul posto in un tronco di larice rasente il metro di diametro e lungo circa il doppio, a colpi di motosega nell’arco di venti ore.
“Ci mancava l’orso per portare un po’ di gente quassù e tener compagnia alla gente”, risponde ironico il sessantatreenne scultore di Segonzano, accolto con simpatia dalla sparuta popolazione al cospetto del monte Gazza. “È un orso amico – aggiunge con un fremito d’orgoglio – e i bambini lo accarezzano con gioia perché è pieno non di unghie e di denti, ma di schegge”.
Un nuovo punto d’attrazione, di quelli da capaci di suggestionare. E così, nel giro di quattro stagioni, il paese dei murales si impreziosisce di un’ulteriore opera d’arte “vivente” ad alcune centinaia di metri dalle sei statue lignee umanoidi che hanno dato vita, per volere della locale Pro loco, al percorso artistico “Il bosco racconta” col suo seducente velo d’impenetrabilità.
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