Quando dobbiamo fare i conti con quelle che Karl Jaspers definiva “situazioni limite” e Giordano Bruno “le vicissitudini”, sperimentando rabbia e senso di impotenza, abbiamo tuttavia ancora la libertà di scegliere come affrontarle. È il messaggio trasmesso con forza da Nadia Beber nel suo “Vivere la parentesi” (Publistampa, 2019, copertina di Adriano Siesser) in cui racconta l’esperienza della malattia del figlio Davide, ora ventiseienne – la leucemia mieloide acuta, definita “belva subdola e feroce”, che lo aggredì a due anni -, e le profonde riflessioni filosofiche scaturite nel tempo sul rapporto con il dolore, gli altri, Dio. “È stato inevitabile provare rabbia verso Dio, siamo esseri limitati, qualcosa ci trascende e non possiamo capire tutto. Tuttavia è importante fare spazio anche al dolore, rallentare e vivere fino in fondo gli eventi che subiamo, scoprendo cosa ha senso per noi”, ha detto Beber alla presentazione del libro, giovedì 20 giugno alla libreria Àncora di Trento, presenti don Marcello Farina e Adriana Defanti del direttivo di Ail Trentino.
Il libro si articola in 15 intensi capitoletti, in cui emerge l’idea della vita come “processo e costruzione”, un viaggio in cui, ha rilevato don Farina, l’autrice è partita dall’esperienza di vita per approdare alla teoria filosofica. Beber si è infatti laureata in Filosofia e Linguaggi della Modernità all’Università degli Studi di Trento e nel 2017 ha pubblicato “A casa nel mondo. Pensare il proprio tempo” (Publistampa, 2017) dedicato a Hanna Arendt, e avvicinarsi alla filosofia, motivata dalla ricerca di senso, le ha permesso di cambiare punto di vista ribaltando il “perché noi? in “perché non a noi?” e il “perché?” in “per chi?”, sperimentando che l’altrui bisogno di cura fa andare oltre le difficoltà.
In questo cambio di prospettiva, trova spazio anche la differenza tra attesa e speranza: “Ci faceva paura pensare al futuro, non sapevamo cosa ci avrebbe riservato, allora ci siamo concentrati sul presente, ma non poteva bastare: aspettare avrebbe significato essere passivi, la speranza che le cose sarebbero cambiate in meglio proietta invece verso il tempo. All’inizio ci faceva bene credere che quel periodo sarebbe stato solo una parentesi nella vita quotidiana, che poi avrebbe ripreso il suo corso, ma la vita non è un percorso lineare, ogni evento che sperimentiamo modifica la lettura del passato e la visione del futuro e abbiamo capito che non esistono parentesi”.
Come Abramo, che parte per una terra ignota, senza avere una meta, la vita è un viaggio “aperto” e, si legge nel libro, “sono necessari processi decisivi per poter realizzare la propria esistenza, in ogni situazione della vita, anche se segnata dalla negatività, dalla sofferenza, dalla malattia. E lo si può fare nella singolarità irripetibile di ogni situazione esistenziale che svela ad ogni donna e a ogni uomo ciò che deve essere fatto e che soltanto lei o lui e proprio in quel momento può realizzare. Gli equilibri dell’esistenza sono sempre fragili e precari ma nella misura in cui ci mettiamo a disposizione delle esigenze che ci interpellano nella nostra vita, possiamo attuare dei valori e realizzare un significato. Forse allora è proprio vero che in verità non importa che cosa possiamo attenderci noi dalla vita, ma importa solo ciò che la vita attende da noi”.
Un testo prezioso, frutto di profonda maturazione, da leggere piano, mettendosi in ascolto, arricchito da una Bibliografia che non è semplice elenco, ma “rimando affettuoso” ad autori e opere filosofiche che hanno alimentato il pensiero e nutrito la vita dell’autrice.
Il ricavato delle vendite del libro sarà devoluto all’associazione (e-mail info@ailtrentino.it, tel. 0461985098).
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