Valentina Sirocchi, 33 anni, nativa di Parma, trentina d’adozione, è ostetrica da dieci anni e lavora all’ospedale S. Chiara di Trento. E’ stata da poco, e per diversi giorni, in Chiapas, in Messico, a San José Buenavista, una delle tante comunità indigene zapatiste che si trovano sopra San Cristobàl de las Casas. La missione è stata promossa da Apibimi onlus, grazie ai finanziamenti della Provincia Autonoma di Trento.
Apibimi è un’associazione trentina che da tanti anni si occupa dei bambini nei contesti di maggior necessità e impoverimento.
Valentina Sirocchi ha tenuto un corso di ostetricia di base per ostetriche del villaggio locale, levatrici con antichi saperi maya tramandati da madre in figlia (“conoscevano solo qualche parola di spagnolo e allora ci si capiva a gesti”), ha incontrato levatrici di straordinaria duttilità e buon senso pratico, donne che aiutano altre donne a partorire presso la propria abitazione in sicurezza e nel solco della grande tradizione culturale tsotzil, una delle etnie che popolano da sempre queste terre mesoamericane. Pochi strumenti a disposizione, una lametta da barba per tagliare il cordone ombelicale, disinfettante e un po’ di cotone, ma estrema cura e sollecitudine da parte di donne che aiutano altre donne nel momento del parto. “C’è un grande rispetto per il momento della nascita”, osserva Valentina. Anche il papà è molto attivo durante il parto, che risulta essere un momento altamente umanizzato quasi che a sopperire alle carenze di tipo strumentale e tecnico subentri un di più di presenza e un supplemento di umanità. Non è scontato in contesti dove le violenze sulle donne sono diffuse (frutto di inveterate abitudini e di un machismo radicato culturalmente).
Valentina si è recata in Chiapas insieme a due cuochi volontari della cooperativa Risto3 di Trento, che hanno tenuto un corso di cucina a San José del Carmen, una comunità vicina, per le cuoche della mensa scolastica, nell’ambito del medesimo progetto. L’uso dei prodotti delle coltivazioni locali, le verdure, la frutta, i cereali per garantire un’alimentazione variegata e nutriente (riso, tortillas, frijoles, fagioli neri, carne di pollo, uova), l’insegnamento delle basilari norme igieniche, nonché dell’organizzazione settimanale dei pasti per i cinquanta bambini presenti nella scuola.
La comunità è composta da diverse centinaia di persone che abitano sparse sulle montagne in abitazioni molto povere, con pochissimi utensili e suppellettili a disposizione, centellinati (quando ci sono). “E’ una realtà povera e bella insieme. Che ti rimane dentro”.
Accostare le diverse comunità, per i volontari occidentali, sarebbe stato molto difficile senza l’aiuto del sociologo Raul Sanchez Benitez, che è da tanti anni il tramite per Apibimi con le comunità indigene del posto.
Apibimi sostiene inoltre la scuola agricola e una falegnameria, luoghi fondamentali per il supporto della comunità e l’autosostentamento.
L’obiettivo, a breve termine, che l’associazione e i volontari si sono prefissati una volta rientrati in Italia è la costruzione di un piccolo centro medico per offrire un punto di riferimento alle famiglie disperse lungo il dorsale della montagna, dove poter trovare cure mediche di base e dove le donne possano partorire in sicurezza, ma anche incontrarsi, uscire dalle solitudini, fare rete, mettere in comune le conoscenze e le buone pratiche.
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