I motivi per cui si ideò nel 1988 il Sentiero di San Vili sono molto attuali. Lo conferma il rilancio in corso
Lo spunto
Caro de Battaglia, al parco fluviale Sarca, ma anche al parco naturale, riceviamo parecchie richieste di informazioni sul Sentiero di San Vili, che con gli anni si è affermato quasi da solo, con il tam-tam di chi lo percorreva, quale percorso a tappe ricco di suggestioni naturalistiche, paesaggistiche e storiche fra la valle dell’Adige e il Gruppo di Brenta. Come Rete Alto Sarca ci siamo attrezzati per dare esaurienti risposte a quanti intendono percorrerlo, ma penso faccia piacere anche a chi il “Sentiero” ha immaginato, studiato, predisposto nei suoi passaggi sapere di questo continuo interesse, ed anche delle iniziative che nelle Giudicare e in Rendena sono sorte per rilanciarlo. E questo grazie al rinnovato interesse che porta con sé la valorizzazione della Sarca, dove davvero l’acqua dialoga con la roccia. Penso che anche nel Trentino non molti siano al corrente di quanto si sta facendo e della passione verso la propria terra di quanti si impegnano sul San Vili.
Giuliana Pincelli
Il Sentiero di San Vili, che ora viene chiamato “Cammino” per uniformarlo – visto l’interesse che ha suscitato – alle più celebri vie dei pellegrini, come quella di Santiago o la Francigena, è davvero un percorso particolare.
Appare quindi meritevole l’iniziativa della Rete Alto Sarca volta a “lucidare” la sua immagine, ma può essere utile anche un breve “ripasso” sulle sue origini e sul significato che esprime. Il San Vili, infatti, vale più per “come” lo si percorre che per “quanti” lo calpestano. Richiama escursionisti, certo, ma il suo scopo non è di essere turistico. Anzi, si può dire che è diventato un “cammino” verso i luoghi di San Vigilio “strada facendo”, sui passi di chi lo ha seguito, unendosi così alle già molte testimonianze materiali che segnano sul territorio la presenza storica, tutt’altro che leggendaria, del patrono di Trento e del Trentino.
Il fatto è che il San Vili, inaugurato per il Congresso Sat di Comano il 24 settembre 1988 con l’allora presidente Gino Zobele, non si proponeva come pellegrinaggio, ma intendeva riunire, “assemblare”, salvare pezzi e spezzoni di paesaggio ( sintesi di natura creata e di natura lavorata) per impedirne il degrado e recuperare almeno le tracce dell’antica civiltà storica e silvopastorale delle Giudicarie, i selciati delle mulattiere, le lastre retiche lungo i sentieri, i muretti a secco, le staccionate, gli antichi capitelli che segnavano con devozione la fatica degli uomini. Il San Vili è nato quasi come un “manifesto” di vita. Un mosaico di luoghi e suggestioni da percorrere a piedi per poter “sentire” le radici della storia, le tradizioni del territorio in maniera tattile, direttamente, perché è il camminare che unisce corpo e spirito, fatica e riflessione, realtà e immaginazione. E’ significativo che con gli anni questa proposta ambientalista e “francescana”, nel nome di Vigilio si sia tradotta – per scelta spontanea e progressiva di chi lo percorreva – in un cammino verso i luoghi del martirio dello stesso santo, secondo una memoria secolare, ininterrotta.
Come si ricava dal numero speciale del Bollettino Sat del settembre 1988 (con copertina di Gianluigi Rocca) il Sentiero ebbe come “ideatori”, oltre a chi scrive Roberto Bombarda e Liliana Polo, prematuramente mancata e autrice della fortunata serie di itinerari “Domenica dove?” Flavio Faganello mise a disposizione il suo archivio e Bruno Angelini sovrintese a tutta la pubblicazione. La Commissione Sentieri della Sat con Tarcisio Deflorian, da par suo, mise a punto la segnaletica. Nerio Garbari, presidente della Sat di Vezzano fu determinante in quanto fu lui ad osservare, in una comune riunione di lavoro: “Ma guardate che il sentiero che da Ciago raggiunge Margone noi lo chiamiamo ancora San Vili”. E quello divenne il nome di tutto il percorso, che pur toccava la suggestiva cappella di Ranzo, e il Vat di Tione, ma che non si proponeva di celebrare il santo, tanto che trascurava la parrocchiale di Spiazzo Rendena dove l’ingegner Dante Ongari aveva compiuto a sua spese scavi decisivi, recuperando le vestigia dell’antichissima, originaria, cappella posta sul masso in riva al Sarca dove Vigilio subì il mattirio. E Ongari ce ne rimproverò.
A questa omissione ha posto rimedio la successiva rivisitazione del percorso condotta nel 2013 per impulso di Gian Paolo Margonari. L’ampia guida allora redatta dalla Sat è andata esaurita, ed è una delle ragioni che consiglia una ripresa del sentiero, adattandolo a tempi che richiedono proposte più organizzate, con luoghi di sosta predefiniti e timbri per ogni tappa. All’inizio, volutamente, era un po’ tutto lasciato ad un avventuroso “fai da te” di scoperta, oggi non manca un sito internet. Il merito vgia a Maura Gasperi di Vigo Rendena e all’Associazione “Natourism”. Il sentiero può essere percorso anche in senso inverso (da Campiglio a Trento) perché “invertendo i fattori il risultato non cambia” e il San Vili continua ad esprimere la sua proposta originaria che è quella di unire la città e la montagna, il sacro e la natura così come Vigilio aveva unificato le disperse tribù romane e aveva stretto legami fra Milano (Ambrogio) e Costantinopoli (Giovanni Crisostomo). Chi sosta alla chiesetta di Ranzo, si ferma al Vat, sale a Spiazzo, raggiunge Santo Stefano di Carisolo sente ancora, dopo 1600 anni, l’impronta fortissima, non solo religiosa, ma civile, che questo santo ha dato al Trentino. Il sentiero di San Vili è quindi un cammino che continua a condurre verso mete di sensibilità e bellezza da scoprire.
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