D’altro canto la normativa comunitaria vigente impone di mettervi mano, il che potrebbe scongiurare l’ipotesi di un movimento franoso del versante che da metà degli anni Settanta pare incombere sull’area desolatamente brulla che attende di conoscere le proprie sorti. Di fatto è un intero sobborgo a voler tenere duro, intimorito com’è di perdere peso specifico e forza persuasiva nelle sacrosante decisioni nell’interesse di tutti e di ognuno, quelle strettamente legate alla tutela ambientale e alla salute pubblica.
Una questione spinosa e forse parzialmente sottovalutata, se non caduta in secondo piano. Le “voci”, stando a quanto circola nell’aria – alquanto tesa, ed è meglio respirarla a boccate – darebbero per imminente la ripresa del riempimento del sito interrotto da una decina d’anni in forza di comprovate difformità dei materiali da scavo e da demolizione lì sepolti, finiti nel 2009 nel mirino della scottante e intricata inchiesta giudiziaria “Tridentum”.
Terrà banco lunedì 27 maggio alle 20.30 presso l’oratorio del paese con i funzionari provinciali e comunali una riflessione seria e “senza scusanti” su ciò che è stato. Gli abitanti non intendono adagiarsi alla finestra rischiando di sorbirsi ulteriori quindici anni di via vai teleferico di inerti, per monitorati in entrata a Maso Visintainer e qualitativamente sicuri che essi siano (“perché di rifiuti sempre si tratta, e non siamo tranquilli”) e soprattutto non permetteranno che il tempo intacchi la memoria.
Il suono del gong alla riapertura dei cancelli dell’area momentaneamente dismessa equivarrebbe per loro a una lama rovente in una ferita aperta. Qualsiasi sia la natura e il quantitativo dei rifiuti che si vorranno conferire, la Circoscrizione di Sardagna è ferma nel ritenere che nulla vi si debba più riversare. Non solo, suggerisce di acquisire la proprietà del suolo tuttora nelle mani di Sativa Srl.
Nel frattempo, tra incudine e martello il comune di Trento attende delucidazioni e non si sbilancia. Per la messa in sicurezza dell’area lo studio di impatto ambientale quantifica in circa 700 mila metri cubi il materiale occorrente, vale a dire non meno di quanto smaltito e mai dissotterrato. “Com’è possibile privilegiare gli interessi di una società privata e non quelli della nostra comunità?”, è la domanda posta sul tappeto da Degasperi mascherando a fatica la delusione per gli sviluppi del caso e dunque sentendosi in “dovere morale” di tenere alta la guardia.
E rincara la dose: “Se esiste realmente il pericolo di una frana, intervenga immediatamente dall’ente pubblico. Ognuno si assuma le proprie responsabilità”. L’opinione secondo cui la discarica non sia il giusto biglietto da visita per una tra le città più green d’Italia si fa largo poderosa. E probabilmente le future generazioni chiederanno conto delle scelte che ci si dovranno affrontare con maggiore consapevolezza civile e motivazione politica. Vietato sbagliare. E tanti saluti ai sentimenti.
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