Anche in montagna aumenta la sicurezza. Una nuova tappa della campagna “Rifugio cardioprotetto”, già l’anno scorso protagonista di un incontro all’interno del programma del Trento Film Festival, è stata completata alla fine di aprile, con la consegna, nella cornice del Muse – Museo delle Scienze di Trento, di dodici defibrillatori automatici ad altrettanti rifugi del Trentino.
“Mettere un defibrillatore in un rifugio significa mandare un messaggio, collocare una sorta di ripetitore di informazioni che riguardano la cultura del limite. Ma un defibrillatore è solo un hardware: perché funzioni serve un software, che – con una metafora tipicamente alpinistica – è come una cordata, che ha bisogno dell’impegno condiviso e responsabile di molte persone”, ha detto Alberto Cucino, medico rianimatore.
L’incontro ha rappresentato l’occasione per rendere noti i risultati di una ricerca condotta da Laura Poletti, giovane laureata in scienze infermieristiche e appassionata di montagna: sottoponendo questionari a ben 140 rifugisti e oltre mille escursionisti ha indagato il rapporto tra ambiente montano e salute, rilevando bisogni e aspettative tanto di chi la montagna la frequenta per passione, quanto di chi in montagna lavora e opera. “Il 77% degli escursionisti intervistati si aspetta di trovare un defibrillatore in rifugio, riconoscendolo come un presidio sanitario necessario”, ha spiegato.
I dodici defibrillatori, caratterizzati da una targa con un logo disegnato da Fabio Vettori, sono stati acquistati con i proventi della vendita del libro di Massimo Dorigoni “Montagne senza vetta” e al sostegno del Rotary Club Trento. Il libro, patrocinato dal Tavolo della Montagna (tsm-Accademia della Montagna del Trentino, Soccorso Alpino, Guide Alpine, Collegio Maestri di Sci, Associazione Rifugi del Trentino, Sat), contiene i racconti di alcuni tra i più forti alpinisti trentini e italiani.
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