Il rapporto tra montagna e turismo di massa nell’opinione di Piero Badaloni, giornalista e documentarista delle Dolomiti: “Quando parliamo di ecosostenibilità dobbiamo essere concreti”
“La lezione di Tone Rizzi è stata anche la capacità di entusiasmare i ragazzi”
Ora ha i capelli bianchi, ma lo stesso garbo gentile con cui conduceva Italia Sera o Uno Mattina. Piero Badaloni, 73 anni vivaci, si è dedicato negli ultimi anni a raccontare le Dolomiti, forte della sua amicizia con Tone Rizzi, alpinista d’eccellenza e fra i fondatori del soccorso alpino fassano.
Badaloni, partiamo dalla sua esperienza personale di escursionista in val di Fassa. Cosa le hanno dato personalmente 30 anni di frequentazione della montagna in compagnia di una guida alpina come Tone Rizzi?
E’ stato un do ut des, un dare e ricevere. Non solo perché durante i corsi di roccia con Tone ho conosciuto la ragazza che sarebbe diventata mia moglie (sorride ndr). Rizzi era un maestro della vita in montagna, ma era anche molto ospitale. Mi ha coinvolto in una serie di iniziative, come la ripresa per il TG 1 della discesa di Tone Valeruz dal Gran Vernel o la realizzazione della ferrata sulla Roda di Vael, oggetto all’epoca di uno stupido boicottaggio.
Questo legame di amicizia non si è mai interrotto, anche negli anni in cui lei è stato corrispondente Rai a Parigi, Bruxelles, Berlino…
Di più, i miei tre figli – di cui conservo una foto mentre si tengono alla corda di Tone – hanno voluto tornare da grandi a trascorrere le ferie con le loro famiglie alla stessa Pensione Maria di Vigo per trasmettere ai miei nipoti lo spirito che avevamo vissuto insieme. Come talvolta accade, un’ospitalità familiare diventa un rapporto profondo, con una continuità generazionale.
Cosa l’ha colpita ripercorrendo “Le stagioni di Tone”?
Il valore della solidarietà, dell’amore verso gli altri.
Mi ha impressionato la capacità di questa guida alpina, anche negli anni dell’anzianità, nell’entusiasmare i ragazzi alla vita in montagna o alla bellezza dei “sassi” o dei fiori. Non a caso l’estate scorsa al bancone del suo Museo Mineralogico c’era il nipote Gabriele, quattordicenne.
Da questa sua passione montanara coltivata in Trentino è nato anche il progetto dei documentari sulle Dolomiti realizzati con la Fondazione e la Provincia. Cosa le ha dato quest’impresa?
E’ andata al di là di ogni aspettativa. Avevamo una duplice obiettivo: da una parte far crescere l’appartenenza del popolo delle Dolomiti ad un bene comune “patrimonio dell’Umanità”, dall’altra farlo scoprire a chi era esterno a questo gruppo, come gruppo unico, senza una competizione fra le varie regioni. La chiave originale in questo senso è stata la scelta di temi trasversali che riguardavano ciascuno dei nove gruppi.
Il fatto che le sei puntate siano state trasmesse in 4 anni quasi dieci volte da Rai Storia e vi siano state 130 proiezioni al pubblico nei territori interessati mi sembra un risultato significativo.
Veniamo al dibattito che si riaccende periodicamente in merito agli eventi di massa e al loro impatto ambientale. Penso al concerto in agosto di Jovanotti a Plan de Corones fortemente criticato da Reinhold Messner o al raduno delle jeep in Primiero nel prossimo luglio, voluto dall’APT locale.
L’equilibrio è sempre difficile, ma va trovato utilizzato la saggezza. Quando usiamo la parola turismo ecosostenibile, che vuol dire? Traduciamolo in termini concreti. Vuol dire equilibrio saggio fra il rispetto della natura e le sane esigenze del turista.
Aggiungo pero che i turisti vanno educati al rispetto della montagna. Ecco la grande lezione di personaggi come Toni Rizzi, di Armando Aste, ma non solo.
Per fare un esempio, penso alla decisione di chiudere in alcune giornate o orari passo Sella… non mi pare abbia portato grandi penalizzazioni sul piano turistico.
Sono fermamente convinto della necessità di trovare questo equilibrio, d’altronde è anche l’Unesco che lo pone come una delle condizioni per mantenere questa ‘medaglietta’ delle Dolomiti come Patrimonio dell’umanità.
Da due anni lei ha messo la sua sensibilità umana e cristiana dietro le telecamere di TV 2000, realizzando una trasmissione dal titolo “Avanti il prossimo”. A cosa sta lavorando ora?
Ad un progetto concordato con TV 2000 per evidenziare il contributo dato dalle donne nel secolo scorso in Italia, riscoprendo alcune figure significative. Fra queste la roveretana Antonietta Giacomelli, pioniera dello scoutismo.
Anche lei porta ancora il fazzolettone del MASCI. Cosa le ha dato l’educazione al metodo di Baden Powell?
Il senso del servizio, soprattutto. Anche l’esperienza politica di cinque anni l’ho vissuta in spirito di servizio, sforzandomi di ricercare il bene comune. Può essere dentro un’amministrazione comunale – come emerge nella vicenda dell’assessore Toni Rizzi raccontata dal bel libro di Vita Trentina – o alla guida di una regione, non importa. Purtroppo noto che non sempre questo servizio si trova nei partiti; c’è più attenzione al proprio interesse. Che poi venga venga spacciato in maniera ridicola come interesse degli Italiani, sta agli Italiani capirlo…
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