Nell’anno in cui Matera è capitale europea della cultura una felice coincidenza unisce la Lucania e Trento: l’avere il nostro capoluogo ospitato per un anno il maggiore poeta lucano del Novecento, Rocco Scotellaro (1923-1953). Nato in provincia di Matera, nel piccolo comune montano di Tricarico, Scotellaro studiò al Liceo Classico “Giovanni Prati” nell’anno scolastico 1940-41, ospitato in città dalla sorella Serafina, che si era sposata con un maresciallo dell’esercito qui trasferito.
Dell’esperienza trentina del poeta, originale quanto importante nel suo percorso di vita ed artistico, ha parlato di recente alla Biblioteca Comunale di Trento il critico Giuseppe Colangelo, in un incontro moderato da Paolo Malvinni.
Come narra, in terza persona, nel racconto Uno si distrae al bivio, il diciassettenne Scotellaro arrivò a Trento nell’autunno del ’40, quando la seconda guerra mondiale per l’Italia era da poco iniziata. Frequentò qui la seconda Liceo classico; ebbe tra i compagni di classe il futuro giornalista Alfredo Pieroni e tra i docenti Giovanni Gozzer e Bruno Betta.
Il primo impatto del giovane lucano con l’ambiente trentino fu difficile, per la chiusura e il distacco della mentalità del tempo. Egli scrisse che, andando in treno, dopo Verona si aveva l’impressione di entrare in una galleria senza fine, tra montagne poderose. Ebbe bisogno di tempo per “prendere le misure” alla vita cittadina. Trento fu però fondamentale nella sua formazione: egli decise di dare, alla fine del quarto anno, l’esame di maturità anticipatamente, e si diplomò al “Prati” nel luglio 1941.
Seguirono anni in cui si dedicò alla politica. Nel 1946 fu il sindaco più giovane d’Italia, a Tricarico, suo comune d’origine. Difese con passione i diritti dei più poveri e nella sua opera pose l’accento sui temi della cultura contadina, argomento scomodo, ma sensibile nell’Italia povera e scarsamente industrializzata del dopoguerra.
Le sue poesie e i suoi racconti furono tutti pubblicati postumi, a partire dalla raccolta poetica fondamentale E’ fatto giorno (Mondadori, 1954, con prefazione di Carlo Levi): “E’ fatto giorno, siamo entrati in giuoco anche noi / con i panni e le scarpe e le facce che avevamo / le lepri si sono ritirate e i galli cantano / ritorna la faccia di mia madre al focolare”.
Scotellaro fu elogiato da Eugenio Montale, che definì le sue liriche “tra le più significative del nostro tempo”: un frutto a cui contribuì anche la giovanile esperienza trentina.
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