Il presidente gialloblù Diego Mosna è stato protagonista dell'incontro “Sport e Impresa – Il successo di Trentino Volley”. “Volevo far uscire il nome di un territorio piccolo come il nostro. Questa è la sfida che ho vinto”
“Io volevo far uscire il nome di un territorio piccolo come il nostro. Questa è la scommessa che ho vinto, non le coppe. E sono più tifoso oggi di 19 anni fa. Quando sono partito, non avevo una grandissima passione”.
Lo ha rivelato il presidente di Trentino Volley e di Diatec Group, Diego Mosna, intervenendo, lo scorso 27 marzo a Trento, nel Dipartimento di Economia e Management, all'incontro “Sport e Impresa – Il successo di Trentino Volley”, tenutosi, senza volerlo, ventiquattro ore dopo la conquista da parte della società di via Trener della Coppa CEV, l'unico trofeo che ancora le mancava, il diciottesimo in 19 anni di storia.
Nel primo appuntamento di “Mentorspritz Academy 2019 – Esperienza d'impresa e bollicine in Università”, promosso dal Gruppo Giovani Imprenditori Terziario e Confcommercio presieduto da Paolo Zanolli, in collaborazione con l'associazione studentesca JETN diretta da Alessia Zampedri, Mosna ha spiegato come, dietro il successo sportivo, non ci sia solo la componente tecnica, ma soprattutto quella organizzativa, finanziaria e commerciale.
“Trentino Volley è gestito con lo stesso criterio delle aziende che fanno capo al Gruppo Diatec, sebbene sia atipico per una società sportiva far parte della holding capogruppo. Ma spirito di squadra, determinazione, serietà, correttezza e tenuta dei libri contabili sono alla base anche dei club sportivi di successo”, ha sottolineato il massimo dirigente, incalzato dal docente di Economia e gestione delle imprese di UniTrento, Umberto Martini, moderatore della serata.
Alla base, però, ci deve essere pure la cultura della sconfitta.
“Non a caso la Coppa CEV, chiusa da imbattuti, è frutto di un percorso. Ne avevamo già perse due, al golden set, nelle finali del 2015 e '17. La sconfitta è un'altra componente importante nella formazione di un individuo, non solo di un atleta. Va accettata e capita, per non ripeterla. Così come, anche a livello imprenditoriale, bisogna sapersi rendere conto della casualità di una vittoria”, ha fatto presente Mosna.
Non è casuale, invece, che tre dei giocatori di Trentino Volley in campo con il Galatasaray provenissero dal Settore Giovanile.
“Per noi, è un punto d'orgoglio. Il Settore Giovanile è emanazione del club e della sua cura trasversale del sociale in cui vive. Perché, allargando il discorso, l'imprenditore privato deve vivere la realtà, non può essere distaccato. Gli asset, in ambito sportivo, sono il capitale umano: persone e atleti che hanno storie particolarissime e che bisogna scegliere nel cosiddetto vivaio, facendo da educatori prima che da allenatori”, ha affermato il patron.
Un educatore è certamente Angelo Lorenzetti, alla sua terza stagione sulla panchina gialloblù.
“Di un allenatore non bisogna chiedersi soltanto 'quanto ha vinto?', ma anche come, perché e che rapporto ha avuto con i campioni. Lorenzetti è un insegnante, con una preparazione e una cultura non solo pallavolistiche. Doti fondamentali per tenere alto il livello di motivazione e dare continuità ai risultati”, ha chiarito Mosna.
Di sicuro, però, allenare campioni come il capitano e palleggiatore Simone Giannelli aiuta. “È raro che un vero professionista non si comporti bene. Secondo me, non esistono campioni ignoranti. Per conoscenze linguistiche, dei loro diritti sindacali e delle loro tutele medico-sanitarie, qualcuno è un esempio straordinario”, ha risposto in chiusura, a uno studente universitario che chiedeva come si gestissero fuori dal parquet determinati giocatori, il presidente onorario della Lega Pallavolo Serie A. Fiero di poter fornire, attraverso la sua Trentino Volley, tanti giocatori alla Nazionale italiana. Pure questo rientrava nella scommessa.
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