«Don Silvio! Bondì! Come nente?». Fino a pochi anni fa era molto facile, per chi si avventurava di primo mattino nel refettorio del seminario, sentire queste cordiali esclamazioni… altro non era che il risultato di una simpatica processione di seminaristi e preti che, accingendosi a fare colazione, trovavano pronto ad attenderli, con tanto di giornale e caffellatte, una specie di “nonno spirituale”: stiamo parlando di monsignor Silvio Gilli, una vera istituzione per il seminario di Trento! Lo scorso 26 marzo ci ha lasciati dopo aver spento ben 98 primavere, noi che lo abbiamo conosciuto almeno per un po’ siamo contenti di ricordarlo per contribuire a mettere in circolo il bene che ci ha trasmesso.
“L’eterno seminarista”: così amava definirsi, con la sua caratteristica autoironia. E’ una definizione più che corretta in quanto, fatta eccezione per i vent’anni trascorsi a Roma in Segreteria di Stato, la sua vita è sempre stata legata al seminario.
Uno dei suoi ricordi preferiti era infatti quello del suo primo arrivo, all’età di soli 12 anni, il 1° ottobre 1933, nei pressi del grande palazzo che ospitava i giovani studenti del seminario minore, spingendo un carretto carico dei suoi (pochi) effetti personali, accompagnato dalla mamma e da due fratelli. Dopo l’ordinazione, coronamento di un percorso di crescita umana e spirituale in anni molto travagliati quali furono quelli della guerra, celebrò la sua prima messa nel suo paese, Gardolo, il 1° aprile 1945, alle cinque di mattina (!!!) a causa dei bombardamenti che impedivano ancora di uscire durante il giorno; da lì in poi la sua vita sacerdotale è sempre stata all’insegna dell’umiltà e dell’obbedienza filiale ai suoi superiori.
Infatti, nonostante il suo più grande desiderio fosse stato quello di dedicarsi alla cura d’anime come parroco, ha sempre accolto gli incarichi che gli venivano affidati di volta in volta, riconoscendo in essi la volontà di Dio per la sua vita: prima vice-rettore e prefetto del seminario minore, poi professore al maggiore, infine ancora insegnante all’Istituto agrario di San Michele all’Adige. Nel 1981, a sessant’anni, terminato l’incarico di insegnante, anziché mandarlo finalmente a vivere almeno una volta l’esperienza della parrocchia, la Provvidenza gli ha giocato un ultimo scherzo, chiamandolo a Roma a lavorare in Vaticano, per mettere in gioco la sua ottima conoscenza del tedesco, traducendo la stampa tedesca per la Segreteria di Stato. Tornato a Trento ormai ottantenne, dove poteva tornare a vivere se non in quel seminario che lo ha visto diventare uomo e sacerdote?
Noi seminaristi non possiamo che ringraziarlo per il suo sorriso, la sua gentilezza, le belle cantate e le tante esperienze che ci ha narrato, insieme alla grande testimonianza di prete felice!
I seminaristi di Trento
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