Risulta piuttosto diffusa, presso chi si interessa di storia locale, la consapevolezza che, almeno a partire dal basso Medioevo, l’organizzazione ecclesiastica della Val di Sole si è dispiegata attorno a tre centri fondamentali, anticamente definiti come “pievi”: Ossana, Malè e Livo.
Nella pieve, che solitamente corrispondeva anche al centro civile più rilevante, c’era la chiesa principale, dotata di battistero e presidiata dal parroco o pievano, che era il solo titolato a garantire la celebrazione dei sacramenti della vita cristiana. Presso la pieve si portavano a battezzare i neonati e si celebravano i principali riti religiosi della comunità intera.
Il pievano era assistito talora da più cappellani, con cui egli condivideva non solo ampi tratti della vita personale, ma anche molte delle cure necessarie per garantire ai residenti nella periferia le prassi cultuali del cristianesimo.
Non potendo però pensare che, accrescendosi la popolazione ed aumentando gli impegni di lavoro e di vita sociale, tutti si portassero facilmente al centro della pieve per le pratiche religiose. Si cominciò ben presto ad invertire la direzione di marcia e a mandare dal centro alla periferia i cappellan:ì garantivano così una prossimità di servizio e una facilità di accesso, che tornavano gradite ai fedeli dei piccoli paesi del contado.
Ben presto il servizio prestato dai cappellani si consolidò in una loro presenza stabile, almeno nei paesi periferici più disagiati, che si erano dotati nel frattempo, oltre che di chiesa, anche di locali per l’ospitalità del sacerdote e di una organizzazione necessaria per il decoroso sostentamento dello stesso e per la gestione degli edifici sacri. Fu così che i cappellani si trasformarono in curati stabili, legati ad una particolare curazia attraverso forme contrattualizzate con la stessa comunità servita, ma aventi sempre come punto imprescindibile di riferimento il pievano.
Questo “frazionamento” delle pievi si sviluppò gradualmente attraverso vari secoli. La prima pieve a “sminuzzarsi”, fu per ovvie ragioni geografiche ed ambientali quella di Ossana: ancora prima del 1300 nacque infatti la curazia di Vermiglio, a cui nel secolo XV seguirono quelle di Mezzana, Celledizzo e Peio.
Nel secolo XVI, il fenomeno si accelerò e interessò anche la pieve di Malé. Nacquero infatti le curazie di Castello, Comasine, Cellentino, Pellizzano e Commezzadura (nella pieve di Ossana) e quelle di S. Bernardo di Rabbi e Dimaro (nella pieve di Malè).
Nel secolo XVII la frammentazione si ampliò ancora, interessando Cogolo e Termenago per la pieve di Ossana; Caldes, Bolentina-Montes e Monclassico, per quella di Malè; e per quella di Livo il paese di San Giacomo.
Col secolo XVII poi, la ristrutturazione ecclesiastica della valle fu completata con la nascita della curazia di Ortisè in alta valle, delle curazie di Terzolas, Samoclevo, Cavizzana, Magras e Piazzola nella media valle e della curazia di Bozzana nella bassa valle. I due paesi di Deggiano e di Pracorno saranno gli ultimi, nel secolo XIX a guadagnare “l’indipendenza”. Agli inizi del XX secolo, il cosiddetto “secolo breve”, fu Vermiglio a dare corso ad ulteriori cambiamenti, meritandosi il titolo di parrocchia (9 dicembre 1909).
La Grande Guerra vide la val di Sole divisa e spezzettata in trentatré comuni e in 28 unità ecclesiastiche di base (parrocchie e curazie), che però, durante il conflitto mutarono ancora una volta fisionomia e competenze: due furono le curazie che “conquistarono” a loro volta la qualifica di “parrocchia” e precisamente: Peio (4 novembre 1914) e Mezzana (19 marzo 1915).
Il mutamento di regime politico al termine della prima guerra mondiale portò radicali trasformazioni anche nell’organizzazione ecclesiastica del tempo: ad eccezione di Bolentina-Montes che ebbe il titolo solo nel 1924 (5 febbraio), nel 1919 (cento anni esatti ad oggi!) tutte le altre curazie furono trasformate in parrocchie, e precisamente: Dimaro (8 marzo); Caldes (12 marzo); Pellizzano (13 marzo); Termenago (27 marzo); Commezzadura e Castello (31 marzo); Comasine (3 aprile); Monclassico (4 aprile); Cellentino (12 aprile); Celledizzo (9 maggio); Ortisè (10 maggio); S. Bernardo di Rabbi (14 maggio); Piazzola (1° agosto); Cogolo (29 agosto).
Che dire? La storia non si ferma mai ed oggi, con quattro parroci presenti sul territorio dell’intera valle (pochi in verità, seppure coadiuvati da altri valenti sacerdoti), forse comincia a farsi sentire il problema inverso: riconsiderare il numero complessivo di parrocchie o quantomeno raggrupparle in unità pastorali. Come dire: corsi e ricorsi delle vicende umane!
Lascia una recensione