La tensione fra i due membri della maggioranza è destinata a crescere
I governi coalizione non sono quasi mai club di amici, anzi non di rado si compongono di alleati che si guardano con reciproco sospetto: è successo ai tempi del centrismo, del centro sinistra, del pentapartito, giù giù sino ai governi Berlusconi e a quelli Prodi per continuare con i più recenti. Mai però c’era stato un contrasto così aspro e divaricante come quello attuale fra Lega e Cinque Stelle. O meglio: quando si era in quelle condizioni i governi saltavano, mentre invece oggi è tutto un rincorrersi di affermazioni sulla tenuta di un governo che ci si affretta ad affermare non cadrà per questi contrasti.
La spiegazione di questa anomalia è relativamente semplice. Il governo non cade perché nessuno riesce a prevedere cosa può succedere dopo. Non che i due partiti siano preoccupati del colpo brutale che ne deriverebbe all’economia italiana e al nostro equilibrio sociale, perché non sembrano tenere in gran conto problematiche di questo tipo. Il calcolo è squisitamente politico: di per sé non c’è una maggioranza alternativa. Il centrodestra, numeri parlamentari alla mano (contano quelli, non le cifre dei sondaggi), non è in grado di formare una maggioranza e quelli di Berlusconi su schiere di “responsabili” disposti ad accorrere a dar man forte pur di non perdere il seggio sono auspici che non si sa quanto realistici. Una coalizione M5S- PD e altra sinistra sulla carta potrebbe avere i numeri anche se risicati, ma pare molto difficile che il PD sia così messo male da accettare di imbarcarsi sul carro di un gruppo politico come quello dei Cinque Stelle che non ha dato prove né di capacità, né di responsabilità governative. Ne finirebbe stritolato.
Tuttavia la soluzione che potrebbe far gola, forse, alla Lega di andare ad elezioni anticipate non è facilmente percorribile, perché il Presidente della Repubblica vede con sfavore un percorso come quello che getterebbe nel caos il paese per un bel po’ di mesi e dunque non è molto disponibile ad agevolare uno scioglimento anticipato della legislatura.
Se di conseguenza i due partiti sono in qualche modo obbligati a convivere nel governo (e ne traggono anche i loro vantaggi in termini di spartizione di poltrone) ciò non impedisce loro di farsi una sempre più rude concorrenza. Anche qui la spiegazione è semplice: in una situazione instabile come quella attuale i due partiti devono farsi il massimo di concorrenza possibile perché devono affrontare una serie di prove elettorali in successione: il 10 febbraio si vota in Abruzzo, il 24 febbraio in Sardegna 24 marzo si vota in Basilicata. Ogni volta si vedrà se e quanto la nuova distribuzione dei consensi conferma i trend dei sondaggi. Sono passaggi che incideranno sulla preparazione psicologica a quella tornata di Europee del 26 maggio attese (e pompate) da tutti come il test definitivo che fotograferà la nuova geografia elettorale (e aggiungiamoci che in quel giorno ci saranno in Trentino due suppletive per il parlamento: anche questo un test significativo).
Ora chiunque abbia seguito anche distrattamente l’andamento della politica ha colto che il consenso dei due partiti è fondato più che sulle loro capacità di governo sul loro sfruttamento di pulsioni e di sentimenti diffusi che sono stati codificati in slogan e a volte in vere e proprie leggende metropolitane. Così è per la gran cassa sul contrasto all’immigrazione clandestina (Lega), così è per la battaglia contro i cantieri delle opere infrastrutturali (M5S), solo per citare i due maggiori. Ma poi c’è una continua contrapposizione un po’ su tutto, anche là dove si fa buon viso a cattivo gioco: soprattutto la Lega sopporta una legge sul reddito di cittadinanza molto mal congegnata o una presa di posizione sul Venezuela che ci isola dai paesi nostri partner storici e ci fa fare una brutta figura internazionale tanto che perfino un presidente cauto come Mattarella è stato costretto ad intervenire. Ma forse M5S ingoierà il varo della autonomia differenziata per alcune regioni del Nord, cosa che certo lo mette in difficoltà col suo elettorato del Sud che già grida contro una ipotizzata perdita di risorse per quelle regioni.
C’è da prevedere che la tensione fra i due membri della maggioranza sia destinata a crescere, perché sembra difficile che i risultati delle tre regioni in cui si vota accontentino entrambi i contendenti, sicché ogni “sbilanciamento” a favore dell’uno spingerà l’altro ad alzare i toni. Inevitabile, essendo queste le prove generali di quel che succederà alle Europee di maggio, ma assai poco salutare per il nostro paese che ha problemi molto più seri che non l’esito della concorrenza fra Lega e Cinque Stelle.
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