"Per capire le cose, bisogna essere paradossali, considerare gli estremi e il punto di vista altrui"
“La rete era nata per universalizzare i saperi, ma non ci ha resi né più liberi né più uguali. La democrazia non funziona più. Il nostro Paese è tenuto insieme da un unico filo rosso in mezzo a tante divisioni: siete voi. Partecipate con passione alla politica, adesso, e non accontentatevi del mondo che vi abbiamo lasciato”. L’accorato invito di Ivano Dionigi rivolto agli studenti riuniti nell’aula magna del Collegio Arcivescovile “C. Endrici” ha inaugurato martedì 15 gennaio “Come arcieri al bersaglio”, il ciclo di incontri dedicato all’educazione, giunto all’ottava edizione, e quest’anno dedicato al pensiero dei filosofi antichi, promosso dall’Istituto in collaborazione con le scuole cattoliche trentine e l’Agesc.
Nella sua ricca riflessione, Dionigi, professore ordinario di Lingua e letteratura latina dell’Università di Bologna, di cui è stato Rettore, e presidente della Pontificia Accademia di Latinità, ha approfondito temi significativi quali “Il tempo, la parola, la politica”, traendo spunto dal suo saggio “Seneca, Lucrezio e noi (Laterza, 2018) e indicando quali “consigli” possiamo attingere dalla lezione dei grandi pensatori: “Viviamo in un mondo privo di centro a causa di una doppia rivoluzione sociale, migratoria e tecnologica – ha esordito il latinista -, e sulla scia dei classici occorre attivare il pensiero nelle direzioni dell’intelligere, ossia del cogliere il “dentro” e la relazione tra le cose; dell’interrogare e dell’invenire, nel doppio significato di scoprire ciò che abbiamo sotterrato e inventare qualcosa di nuovo che consenta l’incontro tra padri e figli”. E i maestri antichi come ci possono aiutare? “Sono utili perché invitano a porre domande, reagendo all’impoverimento derivante dal pensiero unico, e danno competenze, ossia la parola. Noi la adulteriamo, con la stessa parola indichiamo cose diverse: pace è assimilata a condono, dignità a decreto, rifugiato a clandestino”.
Tutta la vita è una "battaglia di parole", un incontro-scontro tra ragioni diverse, così come la politica, ma "logos" e "polis" sono la nostra marca distintiva: "Il nostro destino è collettivo: solo stando insieme ci salviamo. Il miracolo della Pentecoste consiste nel fatto che tutti si capivano pur parlando ognuno la sua lingua, oggi serve una Pentecoste laica e un'ecologia linguistica: il latino insegna a parlare bene, ci spiega il vero significato delle parole". A proposito del tempo, Dionigi ha rilevato l'"ossessione del presente", e il bisogno invece di coltivare memoria e riconoscenza per gli antichi e i nascituri e di uno sguardo capace di essere rivolto contemporaneamente "avanti e indietro": "Per capire le cose, bisogna essere paradossali, considerare gli estremi e il punto di vista altrui". In tal senso, Lucrezio e Seneca rappresentano la duplicità intrinseca dell'uomo e tensioni tra opposti che tutti avvertiamo.
Nella seconda parte della serata il professore ha risposto alle domande preparate da studenti e studentesse della classe II del Liceo classico offrendo ulteriori spunti di riflessione e ha concluso indicando la necessità della speranza con un verso di David Maria Turoldo: "Ogni mattina inizia un giorno che non ha mai vissuto nessuno".
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