Dal gesto di ricordo nel trigesimo della morte di Megalizzi un richiamo a tener vivo il suo “sogno” in parte già realizzato
Lunedì, 14 gennaio 2018 – Un mese dopo. Sembra ieri, ma nello stesso tempo il mondo cambia pagina e i volti di Antonio e Bartek lasciano le prime pagine. E invece è un dovere ricordare, non perché la loro immagine rimanda “una figurina” (come dissero gli amici al funerale), ma perché la lezione della loro vita serva ad altri, ispiri azioni di pace, illumini ancora il mondo.
Come fiaccole nella notte. “E’ davvero una benedizione questa fiaccolata, ci consente di ‘dire bene’, di far presente la vita di Antonio”, ha sottolineato l’Arcivescovo Lauro nell’affollata Messa nella chiesa di Cristo Re. “Antonio ci ha lasciato il suo sogno – ha spiegato – che era già una realtà concreta. Un sogno d’incontro, d’inclusione, di convivenza fra realtà diverse, di fraternità. E oggi un popolo senza questo sogno non ha futuro”.
Mons. Tisi parla di “dolore atroce”, sente il rischio di disturbare con le parole il silenzio. Ma ci tiene a sottolineare come in Antonio e in Bartek ci fosse coincidenza tra le parole e la vita. E sottolinea l’impegno ad abitare parole grandi “come perdono e rifiuto dell’odio, che sono la grande lezione che la famiglia di Antonio ci ha regalato e ci sta regalando”.
Don Lauro si sofferma sulla “pienezza dei tempi” evocata dalla Parola: “Il tempo è pieno quando tu esci da te stesso e guardi chi ti sta accanto e lo chiami ancora fratello e sorella, Il tempo è pieno quando il tuo cuore riesce ad esorcizzare l’odio. Innalzo la preghiera perché possano sentire che Antonio vive nella terra di Dio, di quel Dio che noi conosciamo, si è fatto volto in Gesù e ha reso gli uomini capaci di esorcizzare la morte vivendo nell’amore. Il Regno di Dio è in mezzo a noi perché ci sono uomini come Antonio, Bartek e questa famiglia che ci dicono che l’amore è più forte della morte“.
Ascoltano in silenzio mamma Anna Maria, papà Domenico, la sorella Federica e la fidanzata Luana. A loro, “perche trovino una santa consolazione”, guardano anche anche le intenzioni spontanee dei ragazzi di catechesi della signora Anna Maria, che pregano perché Antonio “ci aiuti a scoprire i valori che sono propri di un’autentica vita cristiana”.
In silenzio anche gli amministratori pubblici (dal presidente della Provincia Fugatti con gli assessori Bisesti e Tonina, sindaco e vicesindaco di Trento, il rettore dell’Università Collini) e i giovani amici dell’università che hanno realizzato anche il simbolo della giornata: una bandiera europea con i volti dei due giovani e la scritta “Uniti per…”
Il loro sogno per l’Europa, secondo l’Arcivescovo, è l’unico futuro possibile. “Non l’Europa delle burocrazie e degli apparati ma l’Europa delle persone e dei volti”, aggiunge e in serata da Strasburgo viene l’annuncio che ai due giovani sarà dedicato lo studio radiofonico del Parlamento europeo.
Il corteo commosso che solca la città interpreta quella “via maestra”, lasciata dalla “grande testimonianza” di Antonio e Bartek. Due sole tappe, in luoghi simbolici: l’abitazione di Antonio, in una delle case dei ferrovieri come papà Domenico, “da dove tutto è partito”. Qui è la sorella Federica che dà voce ad un testo di Woody Allen caro ad Antonio: “qualunque amore riusciate a dare e ad avere… qualunque felicità riusciate a rubacchiare o a procurare; qualunque temporanea elargizione di grazia… basta che funzioni!”.
Poi, sosta alla stazione, “il luogo da dove si riparte o dove si arriva”. Gli amici leggono “Cielo d’acciaio”, un racconto in cui Antonio s’immaginava nella testa di un missile in un tragico viaggio, tra pensieri, curiosità e paure.
La fiaccolata si spegne nell’atrio della Facoltà di Lettere, dove il giovane trentino si specializzava in Studi internazionali. Viene consegnato al rettore un ulivo che sarà messo a dimora, insieme ad altre iniziative del Comune. “Ci impegniamo affinché questo ulivo, simbolo di fraternità, cresca – commenta il parroco don Mauro Leonardelli – facendo ognuno la nostra parte nella vita”.
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