Difficilmente si potrà andare avanti con questa politica dell’ambiguità fino ai risultati delle elezioni europee
Sulle criticità di questo governo è già stato detto quasi tutto: è un accordo di potere che serve a tenere la scena in vista di un consolidamento del “cambiamento” (di classe politica). Come e in che direzione si vedrà col passare del tempo, sempre che qualcosa non precipiti prima, costringendo tutti a fare i conti con le molte contraddizioni di un’alleanza più che problematica.
Il dato che sembra emergere in maniera sempre più evidente è la difficoltà crescente in cui si trovano i Cinque Stelle. Mentre Salvini riesce a farsi perdonare le sue rodomontate continue facendo capire che poi quando si parla di politica seria ragiona in altro modo, Di Maio non riesce a guadagnare credito e la sua alleanza con Di Battista non gli giova di certo. Ormai si comincia a parlare apertamente di una spaccatura fra una Lega che punta comunque ad accreditarsi come una controparte accettabile per quella quota del Paese che punta sulla ripresa e un M5S che invece scivola nel meridionalismo più antiquato, quello dell’assistenzialismo conquistato con qualche concessione alle esigenze dei nordisti.
Ci sono scadenze che non sarà facile evitare, anche se bisogna riconoscere che al momento si sta provando a tenere tutto insieme con soluzioni piuttosto ardite. Prendete per esempio la vicenda della TAV. Si sta preparando l’opinione pubblica ad accettare una soluzione che faccia progredire l’opera senza far perdere del tutto la faccia ai pentastellati. Ci si trincererebbe dietro un parere legale che evidenzia il peso stratosferico delle penali in caso di blocco dell’opera, ma ci si limiterebbe ad una realizzazione parziale del progetto in modo da contenerne i costi. Peraltro “contenere” è un termine forse impreciso perché si vocifera che il miliardo circa risparmiato riducendo il tutto alla realizzazione del solo tunnel verrebbe speso per altre opere non ancora bene delineate.
Sono indiscrezioni, ed abbiamo imparato che sempre, ma in maniera speciale con questo governo, le indiscrezioni contano relativamente perché quasi ogni giorno si tira fuori dal cappello governativo qualche nuovo coniglio. Tuttavia si può ben immaginare che di fronte al ritorno dello spettro di una rinnovata stagnazione economica (nel migliore dei casi), con il sistema bancario ancora in forte crisi, ci sia una pressione notevole da parte delle classi dirigenti del paese perché si evitino i rischi di una politica che segue dissennatamente le fantasie di politici improvvisati.
Solo Di Maio e compagni possono ad esempio immaginare che se si verificherà in Europa quel cambio di maggioranze che loro auspicano si otterrà un via libera ad una politica finanziaria che consenta un consistente allargamento delle risorse per il reddito di cittadinanza. Un atteggiamento del genere non esiste proprio neppure nelle forze cosiddette sovraniste su cui si punta per il ribaltone, forze che sono assai lontane dalle prospettive dei pentastellati.
Ora il fatto è che difficilmente si potrà andare avanti con questa politica dell’ambiguità fino ai risultati delle elezioni europee, rimandando a dopo i conti che è necessario fare con la realtà. La ragione è banale: se a M5S questo converrebbe, non conviene affatto alla Lega. Il partito di Salvini non sarebbe in buona posizione se dovesse presentarsi a quegli elettori senza avere deciso sull’autonomia alle regioni ordinarie, un tema che i Cinque Stelle non vedono bene, e senza una qualche accettabile decisione sulla TAV. E queste sono le decisioni più emblematiche, perché comunque poi dovranno fare i conti con la ricezione del decreto che dovrebbe finalmente essere varato su reddito di cittadinanza e quota 100, che non sembra usciranno in una forma tale da riempire di entusiasmo quell’opinione pubblica che ha scommesso su di esso.
Certo si potrà contare ancora per qualche tempo sulla rete di protezione che il sistema della alta dirigenza istituzionale ha steso attorno a questo governo preoccupata della mancanza di alternative e del vuoto di potere che deriverebbe da un suo collasso. E’ un mondo del quale l’opinione pubblica non conosce molto, ma che è molto efficace ed efficiente e che è quello che ha per così dire trasformato Conte da una scialba figura in un elemento che prova a giocare una partita stabilizzatrice. Naturalmente, data la natura non esattamene granitica del personaggio, c’è da vedere sino a quando l’operazione reggerà.
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