Con i trattati in scadenza, la prospettiva è che tutto il settore degli armamenti nucleari russo-americani resti privo di ogni inquadramento diplomatico
Da quando le bombe nucleari sono state inventate, grande attenzione è stata doverosamente posta alla loro gestione. La frenetica e irrazionale corsa agli armamenti che ha caratterizzato i primi decenni della Guerra Fredda ha avuto un rallentamento con la firma di importanti trattati, mirati a limitare, da una parte, il numero degli ordigni e dei relativi vettori (aerei, missili, sottomarini) e, dall'altra, a restringere gli ambienti ove questi potevano venir testati. Ricordiamo che tra il 1950 e il 1990 sono state effettuate oltre 2000 esplosioni sperimentali di bombe atomiche, di cui oltre 500 in atmosfera, con pesanti conseguenze ambientali ed umane. Studi eseguiti in ambito Onu indicano in oltre un milione le persone morte in tutto il mondo a causa della dispersione delle radiazioni ionizzanti rilasciate nell'aria da quegli esperimenti.
Con la dissoluzione dell'Unione Sovietica il pericolo nucleare sembrò definitivamente scomparire, grazie al nuovo clima di collaborazione instauratosi tra Usa e Russia. Purtroppo questo è durato poco. Restavano però in piedi i trattati firmati in precedenza, che costituivano dei “paracarri” preziosi a delimitare il percorso di un possibile futuro disarmo, che però non c'è stato. Anzi. A partire dai primi anni 2000 si sono avuti dei netti passi indietro, innanzitutto con l'abbandono da parte degli Usa del trattato ABM, che metteva al bando le difese antimissile, eccetto due. Oggi Trump dichiara di voler por termine ad un altro trattato, quello del 1987 sulle armi nucleari a raggio intermedio, che eliminò dal teatro europeo missili come gli SS20 sovietici ed i Pershing americani. Tenendo conto che nel 2021 verrà a decadere l'accordo New Start, che ben difficilmente verrà prorogato, c'è la prospettiva che tutto il settore degli armamenti nucleari russo-americani resterà privo di ogni inquadramento diplomatico. E con ancora qualcosa come 15.000 (quindicimila) testate presenti negli arsenali mondiali questo non fa dormire sonni tranquilli.
In questo quadro piuttosto desolante un elemento di speranza è rappresentato dal cinquantasettesimo corso dell'Isodarco. Questa sigla denota la Scuola Internazionale sul Disarmo e la Ricerca sui Conflitti, principale iniziativa formativa delle Conferenze Pugwash su Scienza e Affari Mondiali, organizzazione insignita nel 1995 del Premio Nobel per la pace. Da oltre tre decenni questi incontri si tengono in Trentino. Vi partecipano, dal 6 al 13 gennaio, una ventina di docenti scelti tra i maggiori esperti internazionali nei vari settori, tra cui diplomatici, politici, tecnici, militari, pacifisti, accademici di varia estrazione. Questi presentano relazioni ad un pubblico formato da laureandi, dottorandi e giovani ricercatori.
Il tema dell'incontro è “Controllo degli armamenti, non proliferazione e disarmo: ieri, oggi e domani”. Il corso è diretto dai professori Steven Miller dell'Università di Harvard e Francesca Giovannini della American Academy of Arts and Sciences e vede la presenza di relatori provenienti da diversi paesi, tra cui Italia, Norvegia, Brasile, Gran Bretagna, Canada, Pakistan, Usa. Tra questi meritano una citazione speciale Jon Wolfsthal (già assistente particolare del presidente Usa Obama per la sicurezza nazionale), Ali Soltanieh (già ambasciatore iraniano all'Agenzia internazionale per l'energia atomica di Vienna), Sergio Duarte (già Alto rappresentante ONU per il disarmo e Presidente delle Conferenze Pugwash), Carlo Trezza (ha presieduto la Conferenza sul disarmo a Ginevra e il comitato consultivo del Segretario generale ONU per le questioni del disarmo a New York; è stato pure ambasciatore d'Italia per il disarmo e la non proliferazione e infine ambasciatore in Corea). I quasi cento giovani partecipanti all'Isodarco giungono da quindici nazioni diverse e per vari giorni interagiranno con persone di grande esperienza e competenza, ciò che permetterà loro di acquisire conoscenze approfondite, sviluppare nuove idee e rafforzare la loro volontà di lavorare per creare un mondo migliore e più pacifico. A tutti loro gli auguri di buon lavoro.
Mirco Elena
fisico e ricercatore a Trento
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