Il gesto della condivisione del pane fra cristiani e mussulmani ha segnato la 52° Giornata mondiale della pace. Il messaggio del Papa riletto dal francescano padre Jasztal, vicario della Custodia di Terra Santa
Compagni di cammino. Dove nell’origine latina – cum panis – c’è il riferimento al pane quotidiano, preso a simbolo della condivisione di intenti pacifici. Cosi, come ha spiegato il delegato diocesano don Cristiano Bettega, la comunità cristiana e alcuni rappresentanti di quella mussulmana hanno camminato insieme lungo le vie centrali della città nel Capodanno di pace, spezzando infine sul sagrato di piazza Duomo il cibo, simbolo anche di fraternità. Assieme all’Arcivescovo Lauro, c’era l’imam Breigheche, che ha sottolineato l’importanza di avviare il nuovo anno con quest’incontro, e l’ospite venuto dalla Terra Santa, padre Dobromir Jasztal, vicario del nostro fra Patton alla Custodia francescana.
E’ stato lui a inserire negli spunti della 52° Giornata mondiale della Pace il messaggio francescano, lanciato 800 anni fa dal santo di Assisi nell’incontro col Sultano (vedi pagina a fianco) e vissuto dai frati e dalle comunità cristiane nel Medio Oriente.
“Anche oggi in Terra Santa – ha detto padre Dobromir nell’incontro che ha preceduto il cammino – il dialogo é una realtà; lo abbiamo visto anche in Siria, anche ad Aleppo, con esempio di giovani e bambini mussulmani e cristiani che lavorano insieme”. Jasztal ha invitato quindi a ripulire anche il nostro linguaggio: “Non ha senso parlare di lotta per la pace, è una contraddizione lottare per la pace – ha spiegato – essa va costruita e ricercata, pazientemente ogni giorno”.
Citando il discorso di Papa Francesco, introdotto anche da Francesco Dellagiacoma per la Commissione diocesana, il vicario di Terra Santa ha raffigurato la pace come “la nostra casa comune basata sui quattro pilastri della giustizia, due rispetto, della libertà e della carità”. E così anche la politica é cosa buona, se è orientata alla costruzione del dialogo e del bene comune, altrimenti può diventare occasione di sopraffazione”. E rispondendo ad alcune domande, anche sulla richiesta di un nuovo luogo di preghiera per i mussulmani a Trento, Jasztal ha ribadito il valore dell’ascolto reciproco nel rispetto di ogni identità anche religiosa.
La fiaccolata era partita dalla chiesa dei Cappuccini, scelta anche per il suo richiamo simbolico: “Proprio nel locale sotto la chiesa – ha spiegato il cappuccino fra Massimo Lorandini – ogni sera è aperta la mensa che offre ogni giorno centinaia di pasti a persone di ogni etnia e religione, grazie al servizio di quasi 500 volontari, anche delle parrocchie cittadine. Una sorta di “mangiatoia”, non solo natalizia, che diventa pure luogo di dialogo e di convivenza: “Essere artigiani della pace – ha osservato fra Massimo Lorandini – significa esserci ogni giorno, lavorare anche con un servizio umile, ma quotidiano per la convivenza”.
Dopo il cammino silenzioso l’Arcivescovo di Trento Lauro Tisi ha sottolineato in Duomo – durante la Messa animata dai canti di pace del Minicoro di Rovereto – il valore di “camminare insieme nel primo giorno dell’anno, un segno che é già una buona notizia, per gridare al mondo che la pace é possibile”. “In tempi in cui la paura è diventata sistema – ha sottolineato don Lauro – dobbiamo essere irriducibili nell’avere il compito profetico di dire che arriveremo alla pace lavorando per la fraternità. Unico confine è il volto dell’altro, da rispettare e far progredire”.
Lascia una recensione