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A parte il freddo, c’è molto da sentire in Polonia. E’ trascorsa poco meno di una settimana ed è innegabile che si percepisca già un sentimento di preoccupazione. Quando si parla della Conferenza ONU sui cambiamenti climatici (COP24), ci si attende giustamente di accogliere persone provenienti da tutto il mondo per discutere sul futuro. E’ questo che sta succedendo qui a Katowice, sede della Conferenza ONU sul clima di quest’anno.
La Polonia ha un mix energetico basato in gran parte sul carbone: si vive letteralmente sopra ad una gigantesca miniera. Si estrae, si vende, si consuma questa materia prima incessantemente. E questo fa del paese, ovviamente, un grande emettitore di gas ad effetto serra. Ci sono molte perplessità sulla sua scelta come ospite, che non risulta esattamente ovvia nonostante sia la terza volta in 10 anni che il paese è sede dell’evento. Comunque sia, i paesi ospitanti devono assicurare che gli obiettivi firmati nell’Accordo di Parigi siano raggiunti e dunque la Polonia non fa brutta figura.
Abbiamo a che fare con una Conferenza delle Parti ed è praticamente impossibile raccontare tutte le cose che succedono qui durante le due settimane di lavori. Una cosa però è evidente: il numero di attivisti che si riuniscono ogni anno per ricordare ai responsabili delle decisioni i loro errori, cercando di lavorare su un nuovo percorso di successo. C’è una cosa però diversa quest’anno. Gli attivisti hanno preso precauzioni extra e il consiglio di tutti è stato uno: attenzione. Negli ultimi anni la Polonia ha messo in atto una serie di repressioni contro i movimenti sociali e i diritti umani.
Da quando ha preso il potere, il governo polacco ha tagliato il supporto alle organizzazioni della società civile ricevendo critiche da tutta l’Unione Europea. Never Again, organizzazione polacca che lavora per combattere il razzismo e la xenofobia, ha riscontrato un aumento dei crimini d’odio da quando il governo attuale è entrato in carica. L’attuale presidente Andrzej Duda è del partito conservatore “Legge e Giustizia” e tra le sue prime azioni vi è stata la destituzione del consiglio responsabile della lotta al razzismo. Anche Amnesty International e Human Rights Watch hanno denunciato che il governo ignora o non si occupa come dovrebbe delle questioni inerenti la repressione dei movimenti sociali.
Questo è un sentimento con il quale gli attivisti brasiliani si identificano molto. Si parla spesso del Brasile come un paese democratico e dove la libertà di parola è un diritto assicurato a tutti e a tutte. E allora perchè mentre stai leggendo queste righe, un attivista potrebbe essere stato minacciato o addirittura ucciso? Questa è una domanda che dobbiamo porci di continuo, soprattutto in questa era di estremismo con la quale il mondo si sta confrontando.
Siamo alla vigilia della marcia per il clima. La marcia ha luogo tutti gli anni durante la COP. Migliaia di persone scenderanno in strada a Katowice per marciare contro i cambiamenti climatici e scandire ad alta voce i nostri messaggi di denuncia ai 197 Stati che si riuniscono in città per definire il “libro delle regole” dell’Accordo di Parigi. E’ ormai chiaro che si debbano intraprendere delle azioni efficaci e che ogni nostro ritardo si tradurrà in una sfida ancora maggiore nel far fronte ai cambiamenti climatici.
Scenderemo nelle strade di un paese che ha una storia di persecuzioni degli attivisti e dei manifestanti, che abusa della forza attraverso la polizia nelle manifestazioni contro le riforme del governo. Questa è la realtà della recente storia della Polonia: i movimenti sociali sono repressi e messi a tacere affinché non manifestino la propria insoddisfazione verso le misure prese dal governo. E’ in questo scenario che domani, 8 novembre, andremo a marciare per il clima, per la pace, per la nostra e le future generazioni.
Questo testo è stato scritto in una sala di un centro conferenze protetto dalla polizia, inclusi cecchini e corpi speciali. Questa stessa forza potrebbe essere usata contro di noi domani, nel caso in cui le nostre azioni venissero considerate offensive dal governo che ci sta ospitando queste due settimane. Sappiamo, tuttavia, che la diplomazia deve prevalere e che questo non deve accadere nella nostra marcia.
Il nostro movimento ha bisogno di crescere ancora di più, di creare legami più forti e più coesi. I gruppi di tutto il mondo devono essere attenti, vigili e preparati, non solo per la marcia, ma per continuare ad affrontare le minacce del cambiamento climatico e degli estremisti che lo negano. Se ciò non accade, non avremo alcuna possibilità contro il capitale fossile.
Qui intorno fa ancora freddo ma la nostra testa e il cuore sono caldi. La nostra energia è rinnovabile e ricaricata dalla lotta e dalla resistenza. Andremo avanti, marceremo e otterremo risultati.
Igor Vieira
Engajamundo, parceiro da Agência Jovem de Notícias
(traduzione di Elisa Calliari)
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