Il governo ora sembrerebbe cercare un accordo con l’Europa
Sembra che alla fine stia per arrivare una svolta nella politica economica che vorrebbe varare il governo giallo-verde: avanti tutta per cercare di trovare un accordo con l’Europa ed evitare il trauma della procedura di infrazione. Sembra, perché siamo abituati a repentini cambi di scenario, ma per adesso prendiamo la cosa per buona.
Secondo le versioni accreditate, i due cosiddetti azionisti di maggioranza del governo avrebbero realizzato che insistere per una politica economica fatta di “bandierine di parte” non dava garanzie di portare all’obiettivo del travolgente successo elettorale alle europee di maggio: ci avrebbero pensato i mercati a far traballare il già scosso impianto della nostra debolissima ripresina economica e questo sarebbe stato percepibile anche dagli elettori. Meglio far buon viso a cattivo gioco e accontentarsi di intestarsi un qualche regresso dello spread come quello che si è avuto dopo le prime aperture alla ragionevolezza da parte del governo, potendo fra l’altro insistere nel racconto di riforme su cui non si indietreggiava, ma semplicemente ci si prende il tempo necessario.
Per consolidare questa immagine si è puntato su un rilancio della figura del presidente Conte, presentato come l’uomo che può portare la UE (e magari anche qualche altro potente della terra) a realizzare che a Roma c’è gente con la testa sulle spalle. E’ probabile che effettivamente una figura meno arrembante come l’attuale presidente del Consiglio venga percepita con un certo favore rispetto ai suoi vice barricadieri, così come non va sottovalutato il lavoro che hanno fatto i ministri Tria e Moavero (e forse dietro le quinte il Quirinale) per spiegare che non bisogna prendere per oro colato tutte le piazzate dei vari esponenti di questo governo e di questa maggioranza.
Si sostiene che si starebbe trovando l’accordo su un deficit per il 2019 al 2%. Ora noi poveri osservatori ci chiediamo che senso abbia avuto la sceneggiata di questo periodo per ottenere uno 0,1% in più rispetto alla previsione iniziale di Tria (ricorderete: 1,9%) al prezzo di uno choc sui mercati finanziari che ci è costato un bel po’ ( se non miliardi, come qualcuno suggerisce, certo parecchie centinaia di milioni). Per di più al probabile prezzo futuro di una manovra che sarà più assistenzialismo che altro, perché sarebbe bene non dimenticare che quelle pre-elettorali difficilmente possono svincolarsi da quelle tentazioni.
Peraltro la ritirata strategica del governo avrà le sue ricadute. Vediamo già che per non perdere la faccia Di Maio, ma soprattutto Salvini accentuano la loro esposizione mediatica facendo il viso dell’arme ad ogni occasione. Vorremmo dire che non è dell’eccitazione allo scontro fra guelfi e ghibellini che questo paese ha bisogno, perché si sa che poi queste tattiche non danno buoni frutti.
Bisogna però per equità aggiungere che a dar man forte alla voglia di sceneggiate barricadiere dei governativi arriva una opposizione che è altrettanto populista (ed inviteremmo a leggere un magistrale intervento di Francesco Cundari sul “Foglio” sulle radici della ventata populista che ci travolge). Il vizietto del giocare sempre a fare i “resistenti” (per ora a buon mercato) che tanti guai ha fatto all’epoca del berlusconismo è ancora più che attivo. Non si cambia una politica a base di proclami, così come non si può farla su quella base.
All’attuale maggioranza va benissimo trovarsi di fronte quelli che ad ogni pié sospinto parlano a sproposito di disobbedienza civile (una cosa molto seria che va usata in casi estremi, altrimenti diffonde l’idea, anche troppo forte in questo paese, che ciascuno obbedisce alle leggi che personalmente gli piacciono). Altrettanto è benvenuto immergersi nelle polemicuccie su presepio sì o presepio no, o impancarsi a discettare in astratto su accoglienza e integrazione. Mettendo le cose in questi termini si contrappone semplicemente ad un populismo di destra un populismo presunto di sinistra, senza neppure sapere che storicamente la sinistra “scientifica” è nata proprio sul rigetto di quella impostazione.
La sostanza è che siamo un paese che sembra condannato a non riuscire a liberarsi dalla tragicommedia della zuffa fra gli angeli e i demoni (e non è un caso che alla fine si cada sempre nella tentazione di giocare agli antifascisti e ai riscopritori delle virtù (parolaie) del fascismo). Con tutte le ragioni che ci sono per confrontarsi seriamente e nel merito sui seri problemi che abbiamo davanti non ci pare proprio una bella cosa.
Lascia una recensione