[Tisi disegna una Chiesa del futuro che con il suo stile di vita rende presente il Regno di Dio”
Otto sabati in altrettante impegnative assemblee, a portare la gioia del Vangelo e suggerire la ricerca di “cose nuove”. Don Lauro all’arrivo a Rovereto non appare stanco e non è solo per la sua personale carica spirituale, che abbiamo definito “elettroTisi”. Si dice, anzi, rinfrancato e consolato dall’azione dello Spirito avvertita in tutte le otto Zone pastorali, abbozzando un bilancio positivo di quest’esperienze sul territorio: “Tante volte in questi otto sabati – confessa – mi sono trovato a dirmi: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”. Ho visto come lo Spirito lavora mentre noi dormiamo, produce gesti di fraternità. Ho visto il Regno di Dio nella nostra diocesi”.
Bando alle lamentazioni, dunque, secondo un invito espresso fin dalla prima Assemblea del 22 settembre a Dro. E ripetendo un simpatico tormentone ha nominato fra i presenti un prete col compito di “esorcista” (in questo caso non il vicario di zona, ma il buon don Cosma Tommasini) con il compito di frenare ogni tentazione diabolica al disfattismo e al pessimismo che spesso ammorba le nostre riunioni o le nostre analisi. “Dobbiamo smetterla di dare campo al maligno descrivendo scenari apocalittici per la nostra diocesi e la vita cristiana”.
Don Lauro si spinge anche oltre e confida all’assemblea: “Al termine di questi incontri sul territorio ho maturato la consapevolezza che la fede non è destinata a morire in Trentino e che il futuro della nostra Chiesa è già cominciato ed ha per protagonisti i cristiani laici delle nostre comunità. Sono loro che le stanno tenendo in piedi e le stanno vivificando, nonostante la presenza ridotta di sacerdoti, religiosi e religiose”. E per non restare nel vago fa l’esempio delle comunità della val di Cembra in questi due anni di assenza di un parroco stabile. “Mi sento di dire che Dio si è creato in Trentino un popolo fedele – conclude – uomini e donne che riescono ad animare la vita della fede. Ho visto che il nuovo germoglia anche in alcuni terreni giudicati forse più impervi: penso soprattutto ai giovani e al loro cammino con “Passi di Vangelo” anche in piccoli gruppi di valle”.
L’Arcivescovo plaude poi alle testimonianze portate dai quattro ex decanati lagarini (vedi pagina a fronte,nd.r.) e osserva: “Beata Chiesa che vivi in Vallagarina e fasci le ferite, sostieni i poveri e rendi presente Gesù di Nazareth. Penso ai presbiteri, ma soprattutto alle tante persone che sono alle spalle delle vivaci iniziative presentate nei settori della carità, della formazione e della liturgia”.
Oltre al grazie e alle speranza, don Lauro attinge al documento finale del Sinodo dei giovani per designare una parrocchia del futuro non più strutturata attorno al presbitero per “erogare servizi religiosi”, ma caratterizzata invece come comunità-segno, in minoranza, che vive sul territorio i segni del Regno di Dio. “Il Signore l’ha pensata come una Chiesa in uscita, a servizio dell’umanità”, aggiunge citando Papa Francesco nella Evangelii Gaudium. “Il Signore – aggiunge Tisi – non ci chiede di avere tutto sotto mano oppure strutture imponenti e autorità. La Chiesa di Gesù di Nazareth non ha né borsa, nè bisaccia. E’ lievito e sale, inviata permanentemente in missione”.
Fra i segni evangelici presenti sul territorio della Vallagarina ha indicato in particolare l’accoglienza ai migranti “nostri fratelli” in tante realtà ecclesiali. “Il nostro è il Dio dei poveri e non può esserci esperienza di fede senza tenere nella propria agenda il volto concreto di un povero. Non puoi vivere da cristiano se non hai nella tua agenda il nome e il volto di un povero a cui offri ti stesso, non un pacco-viveri”.
Con l’espressione del teologo Christoph Theobald, nei giorni scorsi a Padova, il Vescovo parla del cristianesimo come “stile di vita” di Gesù dentro ogni ambiente. “Non mi interessa quanti siamo, ma quali gesti e quali stili di vita testimoniamo”.
L’ultima confidenza all’assemblea roveretana riguarda l’importanza della preghiera: “In questi primi anni di ministero episcopale penso di aver avuto un regalo grande dal Signore: sento sempre di più il bisogno di pregare, non ho mai pregato tanto nella mia vita…ne ricavo confroto e fiducia”. E confessa di essersi trovato spesso negli ultimi mesi alla sera nella cappellina della sua casa davanti al tabernacolo: “E pronuncio uno ad uno tanti nomi, i nomi delle persone che ho incontrato, ne rivedo i volti ed è come consegnare tutti, soprattutto i più deboli, all’attenzione del Signore”.
Uno dei regali , sento di non poter fare a meno di pregare
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