Generano un indotto economico non trascurabile e svolgono una preziosa azione sociale
Rivestono un ruolo di primaria importanza in fatto di promozione del territorio e salvaguardia dei beni materiali e immateriali che ne fanno parte. “Pro loco custodi di cultura e tradizioni”, recita lo slogan del convegno “Pro loco, patrimoni intangibili, turismo e funzione sociale” durato lo spazio di un mattino a Palazzo Giustiniani nel rione romano di Sant’Eustachio, a sottolineare il riconoscimento dell’operato di oltre mezzo milione di volontari in tutta Italia che si dispiega in azioni di sviluppo turistico, culturale e sociale a favore delle comunità d’appartenenza.
Al convegno hanno presenziato il 19 novembre scorso il direttore della Federazione trentina delle Pro loco e loro Consorzi, Ivo Povinelli, accompagnato dai consiglieri Diego Coletti e Luca Concini. “Le Pro loco sono la più grande vetrina sulla cultura italiana con oltre 30 mila eventi (prossimi alla soglia di 40 mila) organizzati ogni anno”, ha ricordato nell’introduzione dei lavori il questore del Senato Antonio De Poli, dopo la stipula di protocolli d’intesa con il Ministero per i Beni e le attività culturali e con quello dell’Agricoltura. Valorizzare le Pro Loco è doveroso, se non indispensabile, alla luce dei fatti: in quest’ottica – osserva energico – “serve una legge che regoli le manifestazioni temporanee e possa assicurare standard di sicurezza ai partecipanti volontari in tutta Italia”. Volontari che non sono, e nemmeno vogliono essere, considerati alla stregua di “organizzatori di feste”. Di più: sarebbero proprio loro i custodi del ventaglio di tradizioni locali, tanto da avvertire il dovere di valorizzare eventi e manifestazioni “perché sono un insieme di grande risorse per la nostra anima, per tutto quello che facciamo”.
Per rimarcare l’essenzialità dei servizi d’accoglienza turistica, promozione del territorio, valorizzazione dei prodotti tipici, è intervenuto Antonino La Spina, presidente dell’Unione nazionale Pro loco, consapevole dell’esistenza di Pro loco rimaste in lungo e in largo per la penisola gli “unici presidi del territorio” e laddove le istituzioni arrancano in attività di promozione sociale esse “riescono a dare un po’ di respiro alle comunità locali”. Sullo sfondo, ma non troppo, il “valore sociale di quello che noi facciamo”, capace di generare un indotto economico tutt’altro che marginale – dal primo studio condotto insieme alla Cgia di Mestre si parla di movimentazioni per oltre un miliardo e mezzo di euro -, in mancanza del quale sarebbe illusorio “poter vivere insieme un evento e legare la comunità”.
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