La querelle sui termovalorizzatori è emblematica. Alla fine si è nascosta la polvere sotto il tappeto ricorrendo, officiante il solito Conte, al rito del rinvio al contratto
La settimana politica ci ha fatto assistere ad un crescendo di nervosismo e vedremo cosa succederà dopo mercoledì, quando saranno rese note le decisioni di Bruxelles (che non conosciamo al momento di stendere questo articolo). La coalizione giallo-verde è evidentemente sotto stress dovendo affrontare una situazione più complicata di quello che aveva previsto, ma soprattutto dovendo registrare la debolezza tattica e strategica dei Cinque Stelle. Salvini è capace di cogliere bene i problemi che si presentano e di smarcarsi, quando gli è necessario, dai rituali della sua campagna elettorale, cosa che non riesce a Di Maio.
La querelle sui termovalorizzatori è emblematica. Il leader della Lega ha detto quella che in base al buonsenso dovrebbe essere una banalità: l’emergenza rifiuti richiede di eliminarli e questo non si può fare se non con la tecnica dei termovalorizzatori. Il capo politico dei Cinque Stelle si è trovato a dover fronteggiare l’ulteriore messa in discussione dei suoi slogan dogmatici e non ha potuto rispondere che con la solita favoletta di un mondo in cui il civismo degli abitanti, la raccolta differenziata e l’oscuro principio della circolarità dell’economia avrebbero miracolosamente risolto il problema. Poco ci mancava che annunciasse dal balcone che dopo aver abolito la povertà aveva abolito anche i rifiuti.
Alla fine si è nascosta la polvere sotto il tappeto ricorrendo, officiante il solito Conte, al rito del rinvio al contratto e della stesura di apposito protocollo. Ovviamente i giornalisti più avvertiti non hanno avuto difficoltà a ricordare che sono vent’anni che tutti i governi che si sono succeduti hanno annunciato esorcismi contro l’accumulo dei rifiuti senza riuscire a risolvere nulla (ma sempre stendendo appositi documenti protocollari).
Si è trattato solo di una schermaglia tanto per saggiare reciprocamente le forze dell’alleato/avversario, perché ovviamente Salvini sa benissimo che per realizzare i termovalorizzatori ci vogliono anni, e Di Maio, realista con le costruzioni abusive di Ischia, sa benissimo che in Campania il civismo nella gestione dei rifiuti è una risorsa molto scarsa. L’obiettivo era dunque duplice: Salvini voleva riconfermare alla pubblica opinione e al suo elettorato del Nord che la Lega è un partito che sa fare i conti con la realtà; Di Maio voleva tutelarsi contro gli attacchi al suo “governismo” che gli arrivano da vari settori pentastellati (col mitico Di Battista sulla via del ritorno in patria).
E’ solo un assaggio di quel che potrebbe accadere se la situazione economica dovesse aggravarsi come purtroppo è possibile. In quel caso non ci sarà alternativa a fare una certa marcia indietro sull’impostazione del bilancio statale, se si vuole che qualcuno compri almeno i titoli del nostro debito pubblico (e al momento si è visto che ci sono proprio pochi investitori disposti a fare i salvatori della situazione). Ma se si dovrà rivedere il bilancio cosa salterà? Certo sarebbe possibile dare un colpo al cerchio e uno alla botte, lasciar perdere la riforma delle pensioni e anche il reddito di cittadinanza, ma sarebbe un colpo molto duro per i due partiti. In più si vocifera sempre più che bisognerebbe mettere mano ad un incremento delle entrate (nuove tasse), misura non certo adatta per raccogliere voti alle prossime elezioni europee (e nemmeno ad ipotetiche elezioni politiche anticipate).
Il tutto in un clima di spartizione di risorse e poltrone le cui dinamiche sfuggono a noi poveri osservatori esterni, ma che sono ben presenti al gran mondo dei cacciatori di poltrone che si stanno infilando nelle centrali decisionali dei due partiti.
La cosa curiosa è che la situazione diventa sempre meno stabile, ma sempre più blindata, perché uno scioglimento della legislatura durante la sessione di bilancio e con un conflitto aperto con la UE appare improponibile e certo Mattarella non è disposto a far correre al paese i rischi che deriverebbero da una simile prospettiva. Però è altrettanto vero che un governo sbrindellato, senza personalità molto credibili a livello internazionale, costituisce un handicap terribile per il confronto inevitabile con Bruxelles.
Per il momento tutto appare sospeso e si naviga a vista. Qualcuno affaccia l’ipotesi di una crisi che potrebbe avere come sbocco un governo a guida Salvini sostenuto dal centrodestra, ma non avrebbe abbastanza voti. Dovrebbe trovare una discreta squadra di rinnovati “responsabili” pescati tra esponenti di vari partiti e del gruppo misto disposti a tutto pur di non ritornare alle urne.
Tenderemmo però ad escludere che questa sarebbe una buona soluzione per gestire una situazione di crisi.
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