Intervista al neo presidente Maurizio Fugatti: “Il Trentino e la mia Lega dolomitica”

Il primo pensiero vaalle giornate dell’emergenza maltempo. Nella sua idea di Trentino, eccellenze da conservare, spese da rivedere, , politiche sociali che rispondano all’imperativo “prima i Trentini”

Da leghista d’opposizione a leghista di governo. Quello della Provincia, nello specifico. Maurizio Fugatti, nuovo presidente della giunta provinciale di Trento a trazione leghista – lo affiancheranno quattro compagni di partito, oltre a un esponente del Pt, Tonina, e all’assessore “esterno” Spinelli -, nell’intervista concessa a Vita Trentina martedì 12 poco prima di andare a presentare la sua squadra, fa capire dove ci sarà continuità con le scelte di chi l’ha preceduto e dove invece sarà più marcato il cambio di passo. Orologio tutto verde al polso, si concede per oltre mezz’ora. Il primo pensiero, com’è comprensibile, va alle giornate dell’emergenza maltempo (“Ho visto come hanno lavorato bene protezione civile, vigili del fuoco, sindaci”), ma poi entra deciso nei temi caldi della campagna elettorale per tratteggiare la sua idea di Trentino. Tra eccellenze da conservare (la ricerca e l’università in primis, ma ci vuole il “ritorno pratico sul territorio”), spese da rivedere (troppi “i 12 milioni annui alla solidarietà internazionale”, che in realtà sono 9), politiche sociali che rispondano all’imperativo “prima i Trentini”.

Una domanda personale. Come ha vissuto questi primi giorni da presidente della Provincia, cos’hanno comportato per l’uomo Fugatti?

“Gli avvenimenti contingenti mi hanno messo subito in pista. Ho potuto vedere la capacità del popolo trentino di reagire alle calamità. E ho preso subito coscienza della responsabilità che comporta questo ruolo. Sono stati giorni importanti”.

Ha avuto garanzie dal governo nazionale sulle risorse per far fronte non solo all’emergenza, ma anche alla ricostruzione?. Che impatto ci sarà su altre spese già programmate dalla Provincia?

“Ci siamo trovati in due giorni 300 milioni di euro di danni. Abbiamo dovuto mettere in moto una macchina per dare risposte sul breve termine ai lavori che i Comuni stanno già facendo. Gli interventi di somma urgenza ammontano a 25 milioni, ci sono 70-80 milioni per i privati. Abbiamo dato priorità a questi interventi. Non vogliamo snaturare le scelte già fatte, soprattutto in materia di lavori pubblici, ma nell’emergenza abbiamo dovuto dire: facciamo un’analisi di ciò che abbiamo a disposizione. Riteniamo che sapremo mantenere quanto già previsto”.

Nel corso dei sopralluoghi di questi giorni avrà potuto apprezzare il buon funzionamento della macchina della protezione civile provinciale. Di quale altra realtà trentina vorrebbe poter dire altrettanto?

“Ho visto come hanno lavorato bene protezione civile, VV.F., sindaci delle periferie. Non ho dubbi che il Trentino abbia sicuramente altre professionalità, altre eccellenze”.

E in altri settori?

“Credo che in tema di ricerca e università abbiamo l’eccellenza. Come abbiamo detto in campagna elettorale, però, vorremmo che le risorse spese avessero un ritorno pratico sul territorio. Può essere il passo in avanti di un sistema già eccellente”.

Un tema su cui avete calcato in campagna elettorale è quello della famiglia. Può declinarcelo?

“Vogliamo mettere una famiglia trentina che desidera crescere di farlo senza sentirsi in difficoltà per questioni economiche. Ragioneremo su tutto ciò che può essere fatto per sostenere questa scelta, dalle rette dell’asilo nido a un contributo alla natalità non una tantum, ma continuativo. E’ una sfida non solo culturale. I Trentini devono poter credere nel futuro. I nostri giovani dobbiamo metterli nelle condizioni di poter credere nel futuro, pur in questo momento economicamente difficile”.

Quando dice “famiglia”, cosa ha in mente esattamente?

“Famiglia uomo e donna, c’è scritto nel nostro programma, che vuole crescere oltre il figlio unico: non deve sentire come un problema economico la scelta di fare un secondo o un terzo figlio. Il problema è soprattutto per i Trentini, non per chi è qui da meno tempo. C’è un dato culturale e anche religioso, magari non è il caso di parlarne”.

Parliamone.

“Magari chi non è cristiano decide di fare sette-otto figli. Ok. Riteniamo che questi incentivi debbano andare soprattutto a chi oggi è in difficoltà a fare figli, chi non ha difficoltà già adesso… Valuteremo le modalità”.

Può essere la residenza in Trentino lo spartiacque? Tre anni? Cinque, dieci?

“Cinque anni può essere una idea, oggi mi pare si ragioni su tre, ci sono anche amministrazioni che vanno sui dieci. Valuteremo il da farsi”.

Sempre in tema di politiche familiari, l’ente pubblico in passato si è affidata anche a convenzioni, ad esempio con il Forum delle associazioni familiari. Garantisce la continuità?

“Certamente, se lo spirito è questo”.

Nell’affermazione “prima i Trentini” non coglie una contraddizione con quella che è la Dottrina sociale della Chiesa cattolica?

“Io (prende una pausa, ndr) credo che una gran parte degli elettori del nostro partito siano cattoliche, anche praticanti, ne vedo tanti che vanno in chiesa. Dire ‘prima i Trentini’ non significa che gli altri non ci sono, ma oggi siamo in una condizione che vede il Trentino oggettivamente in difficoltà. L’attenzione della macchina provinciale deve essere prima rivolta al Trentino, poi, se riusciamo, agli altri. In questo momento c’è uno sbilanciamento. Il Trentino che vive la quotidianità lo sa. Molti Trentini non fanno l’Icef perché tanto dicono ‘Son fuori, prendono sempre gli altri’. La solidarietà sociale deve essere equa. Oggi non siamo equi. Dobbiamo essere solidali verso chi ha bisogno, non verso chi vieni qua per stare meglio. Di cento richiedenti asilo che sono oggi in Trentino, 15 sono veramente profughi, gli altri sono gente che viene qui per stare meglio. Una cosa è chi scappa dalla guerra, altra cosa sono quelli che vengono per stare meglio: e sono l’80-85 per cento. Anche il Trentino vorrebbe andare a Montecarlo per stare meglio… Chi viene qua per stare meglio, o chi viene qua e poi delinque, e sono tanti, in Trentino non ci sta. Oggi il limite è stato superato.

C’è anche chi è arrivato grazie ai corridoi umanitari, sostenuti anche dalla Provincia di Trento.

“Questa è un’altra partita. Scappano veramente dalla guerra. Ma i 1.500 che ci sono, e un centinaio ce li troviamo qua che girano in piazzetta (1.441 i richiedenti/titolari di protezione internazionale in Trentino al 22 ottobre 2018, in calo rispetto all’inizio dell’anno quando erano 1.666, dati Cinformi, ndr), non sono scappati dalla guerra”.

L'accoglienza delle persone che necessitano di protezione internazionale e umanitaria, ma anche l’informazione sui servizi ai cittadini stranieri, è affidata dalla Provincia Autonoma di Trento al Cinformi all’interno del Dipartimento Salute e solidarietà sociale.

“Quello del Cinformi è un tema da affrontare. E’ andato oltre. Chiama le pizzerie e le aziende agricole per trovare lavoro ai migranti: non lo fa neanche l’Agenzia del lavoro ormai di trovare lavoro ai Trentini! Sono queste le cose che i Trentini non capiscono. Va fatta un’analisi. Corsi fatti che non è necessario siano fatti, biglietti gratis per tutto il Trentino mentre i figli degli altri pagano l’abbonamento…”.

Qualche realtà pubblica ha deciso invece di offrire opportunità a rifugiati, c’è il caso recente del Doss Trento, dove la casetta del custode ospiterà titolari di asilo attraverso il Centro Astalli.

“L’ha fatto il Comune di Trento. A nostro modo di vedere questi non dovrebbero neanche essere qua. Ok? Se il Comune ha fatto questa scelta, non entro nel merito”.

Parliamo dei rapporti con la Chiesa trentina. Cosa chiede l’amministrazione pubblica ai vertici ecclesiali e alla comunità cristiana?

“Credo che portare avanti il messaggio cattolico cristiano oggi soprattutto sui temi dei valori della vita, dei valori umani sia lo sforzo che la comunità cristiana e i vertici ecclesiastici devono continuare a fare. Però non mi metto certo io a dire cosa deve fare il vescovo. Ho altro da fare. Mi pare però che mantenere il legame con il popolo sia la vocazione di questo vescovo”.

Ci sono due ambiti che vedono fortemente attive e impegnate le comunità ecclesiali: la missione, il sostegno ai missionari trentini nel mondo, e la solidarietà internazionale.

“Per quanto riguarda la solidarietà internazionale, dovremo senz’altro rivedere i 12 milioni che diamo ogni anno (in realtà sono 9, pari allo 0,25% del bilancio della Pat, come stabilito da una legge provinciale, ndr). Non sono pochi. E’ una spesa eccessiva. Dobbiamo capire quali sono i progetti utili. Noi abbiamo un’impostazione diversa rispetto a questo è stato fatto. La solidarietà internazionale la possiamo fare anche con meno risorse. E’ un tema che vogliamo affrontare. Altro è la Festa dei popoli: perché dovrei essere contrario? La Festa dei popoli va bene, non è un tema economico. ”.

La valorizzazione del lavoro dei missionari trentini, l’iniziativa Sulle rotte del mondo?

“Le Rotte del mondo e la valorizzazione dei missionari, va bene. Noi siamo critici sui milioni della solidarietà internazionale”.

Peraltro, presidente, una bella fetta di quei milioni sono per progetti diretti della Provincia autonoma.

“Su questo faremo delle valutazioni”.

Cambiamo tema. In due occasioni recenti il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è intervenuto in difesa della libertà di stampa e dei giornalisti. I 5 Stelle, vostri partner nel governo nazionale, sono un po’ nervosi rispetto a questa questione, parlano, da tempo peraltro, di rivedere il finanziamento pubblico al fondo per il pluralismo. Il Consiglio provinciale ha legiferato recentemente in materia. Lei cosa pensa al riguardo?

“Ci sono state esagerazioni da parte giornalistica. Però mettere in discussione l’esistenza della libertà di stampa o il finanziamento ai giornali è un’altra partita. Il settore è in crisi e il finanziamento ai giornali è un tema, l’editoria è un’attività produttiva, non possiamo vederla solo in chiave ideologica. In Trentino ci sono state polemiche perché le due testate quotidiane principali sono in mano a una compagine industriale: tutti vorrebbero che ci fossero dieci imprenditori che hanno dieci giornali diversi offrendo dieci punti di vista diversi. Sarebbe bellissimo. Ma il rischio è che tra poco ce ne sia solo uno. Allora meglio che ci sia una compagine imprenditoriale che ne ha due, piuttosto di uno solo di una sola realtà. Parlo anche in termini imprenditoriali e occupazionali. Oggi è difficile fare editoria non solo in Trentino, ma anche a livello nazionale”.

Il Trentino è terra di confine. Come conciliare l’apertura ai vicini, faticosamente costruita con quella creazione che è l’Euregio, con l’idea del sovranismo?

“Sovranismo vuol dire anche essere prima Trentini rispetto all’essere prima Italiani, sia chiaro. Si può leggere anche in forma di autonomia. Noi i rapporti nell’Euregio li manteniamo come sono sempre stati. Crediamo che questo percorso possa essere sviluppato. Non metteremo in discussione nulla di ciò che è stato fatto finora”.

Per finire, si ritrova nella definizione di “Lega dolomitica”, che in qualche modo vi smarca rispetto alle altre espressioni leghiste sul territorio nazionale?

“Da autonomista mi ci ritrovo, non significa che debba avere diversa organizzazione rispetto alle altre, ma da autonomista certo che sì, come Lega trentina rispetto a Lega Veneto”.

a cura di Diego Andreatta e Augusto Goio

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