All’esecutivo e alla maggioranza mancano compattezza d’intenti e di azione
La realtà prima o poi presenta il suo conto: è quanto sperimenta il governo giallo-verde, anche se fatica ad ammetterlo. Governare è molto più difficile che proclamare slogan o predicare cambiamenti miracolosi. Sembra banale dirlo, ma l’attuale sistema ministeriale resiste a capirlo.
Si potrebbe partire dalla leggerezza con cui è stato affrontato il dramma delle catastrofi naturali che hanno sconvolto una fetta cospicua del nostro paese. Qualche visita nei luoghi colpiti e qualche impegno per trovare un po’ di soldi per la ricostruzione non servono a dare un’immagine di credibilità. E’ mancato qualsiasi discorso serio sulla necessità di ripensare e rimodellare il nostro sistema di difesa del territorio, soprattutto là dove esso si è mostrato colpevolmente carente. Siccome questo è un problema principalmente del Meridione, dove hanno le loro radici di consenso tanto i Cinque Stelle quanto il premier Conte non si è sentita una forte parola su questo punto. Sulla TAV, sul traforo del Brennero, sulle grandi opere tutti pronti a pontificare, sul disastro ambientale del Mezzogiorno al massimo c’è il condono mascherato per le case abusive di Ischia.
L’esempio più palese del dilettantismo di questa politica è stato però raggiunto con la storia dell’abolizione della prescrizione dei processi dopo il giudizio di primo grado. Ovviamente è vero che a volte, forse neppur tanto di rado, la prescrizione è servita come trucchetto per evitare che imputati eccellenti (ma anche non così eccellenti) potessero affrontare condanne da scontare. Tuttavia, come spiega chiunque abbia qualche cognizione in materia, non è con una norma inserita quasi di soppiatto in un provvedimento di altra natura che si affronta un problema di questa delicatezza.
Se i processi finiscono spesso in prescrizione non dipende tanto dall’abilità diabolica degli avvocati, quanto dalle lungaggini che sono presenti nel nostro sistema giudiziario: a volte strutturali (possibilità di ricorsi anche dove non c’è fondamento, ripetizioni inutili di atti e via elencando), a volte dovute anche a storture di funzionamento degli organi giudiziari. Vorrà pur dire qualcosa che il numero dei processi caduti in prescrizione è molto più alto in alcune regioni e piuttosto contenuto in altre. Se esiste una tendenza in vari avvocati a furberie procedurali per allungare i tempi, esistono altrettanto tendenze da parte di alcuni pubblici ministeri a tirare in lungo le indagini per non vedersi sconfessati in giudizio.
La riforma della giustizia è una cosa seria e deve essere affrontata in maniera appropriata: ridurla ad una battaglia di bandierine elettorali è deprimente.
Infine c’è il problema non piccolo del contrasto che il governo persegue scientemente con l’Europa. Anche qui c’è un po’ di furberie meschine che non porteranno da nessuna parte. Quel che ci si illude di far ingoiare all’Europa è più o meno questo: lasciateci fare la nostra manovra col deficit al 2,4% e poi noi, di soppiatto, ci impegniamo a non usare davvero tutto quel margine, anzi se le cose andassero storte ad arginare il debito con tagli della spesa in corso d’opera. Non riusciamo a credere che sia una strategia con qualche possibilità di successo, non fosse altro per il fatto che anche a Bruxelles e nelle varie capitali europee hanno bisogno di tenere fede alle loro sceneggiate.
In un contesto così difficile sarebbe quantomeno necessario che comunque il governo e la sua maggioranza potessero esibire una certa compattezza d’intenti e di azione. Questa invece manca in maniera vistosa. Cinque Stelle e Lega mostrano chiaramente di non essere sulla stessa lunghezza d’onda: i primi ossessionati dall’idea di mostrare di essere capaci di realizzare almeno qualcuna delle fantasiose promesse partorite dall’immaginario dei loro proclami; i secondi sempre più tentati di accentuare il loro accreditamento come forze che, se fanno qualche sceneggiata, sono poi capaci di fare i conti con la realtà.
In una situazione del genere si sta bruciando del tutto anche il presidente Conte che può anche fingere di arbitrare gli incontri al vertice fra Di Maio e Salvini, ma che non può cancellare il suo vizio di origine di essere una “invenzione” dei Cinque Stelle, il che lo priva della capacità di contenerne il dilettantismo.
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