“Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato (Mc 15,34)”. Davanti alla morte di Michela, non trovo parole diverse da queste per dar voce al grido di dolore di Stefano, Arianna e Francesca; della mamma Annamaria e del papà Domenico, del fratello Ezio.
In un attimo, la morte ha violato l’intimità della vostra casa, lasciando dietro di sé una scia di lacrime e dolore inconsolabile. Davanti al vostro dolore, comprendo che ogni mia parola possa disturbare, se non addirittura ferire.
Sommessamente vi invito a riconoscere nelle vostre lacrime il documento di un amore infinito, che nessuna parola riesce a lenire, nessun tempo potrà mai cancellare. Questo amore ha il volto pieno di tenerezza, di premura, di dedizione di Michela. Questo amore non può morire. Non può finire nel nulla un amore così.
A farsi carico di non lasciarlo finire nel nulla è Gesù di Nazareth che come ci ricorda la lettera gli Ebrei è in grado di sentire giusta compassione essendo stato, lui stesso, come noi, provato in ogni cosa. La credibilità del nostro Dio sta proprio nel suo essersi fatto compagno del dolore dell’uomo. Provò paura e angoscia davanti alla morte, ci ricorda l’evangelista Marco, proprio perché non dovessimo attraversare da soli il guado della morte.
In queste ore, la comunità di Dimaro, così ferita nel profondo, ha già dato segni di resurrezione ed ha trovato la forza di stringersi attorno alla famiglia di Michela, così drammaticamente colpita, e di alleviare i gravi disagi di questi giorni. La vostra comunità sta rivelando non a parole, ma con la concretezza dei fatti, che l’amore è più forte della morte e ci dice il valore inestimabile del volto delle persone.
Vi esorto ad assumervi un impegno: continuate ad avere nel cuore il volto di Stefano, Arianna, Francesca; del papà e della mamma e dei famigliari di Michela. Ce lo chiede la nostra fede, che non può risolversi in astruse dottrine o concetti, ma ha bisogno come il pane della concretezza del prendersi carico, del farsi prossimo con la discrezione e il silenzio che un dolore così grande richiede.
Prendiamoci tutti – io me lo prendo come vescovo – l’impegno di farci prossimo di questa famiglia per accompagnare il dolore. Nella fede del Risorto voglio ripetere che l’amore è più forte della morte ed ha sempre l’ultima parola. La morte aggredisce, ma non può spegnere l’amore. In quest’ora in nome di Cristo morto e risorto vi dico con l’angoscia nel cuore e la certezza della fede posso dirvi che questa nostra sorella ora contempla Dio, è nel Signore e si farà sentire con la sua premura di madre. In altro modo continuerà ad essere accanto a voi.
Cara Michela, siediti accanto a Stefano, Arianna e Francesca, al papà, alla mamma, a tuo fratello e quanti ti vogliono bene. Siediti accanto e dì loro che tu non sei morta, ma vivi in Dio e ti farai sentire con la tua presenza”.
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