Tanti dei 200 tra vigili del fuoco e operatori del Comune impiegati nelle delicate operazioni di queste ore, lavorano qui. Non c’è quiete dopo la tempesta. Bisogna fare in fretta anche perché le previsioni per il fine settimana, ci dicono, non sono rassicuranti.
Le escavatrici continuano a spostare la poltiglia, i camion riempiti di detriti fanno la spola: la macchina dei soccorsi è all’opera dalle prime ore del mattino. Incessantemente, per cercare di portare il più velocemente possibile la situazione alla normalità. Va domato il torrente Rotian che, abbandonato il suo alveo, si riversa a valle con una cascata ancora impetuosa.
Lo scorrere disordinato dell’acqua marrone racconta quello che è successo poche ore fa, quando la situazione non destava particolare preoccupazione. Nel tardo pomeriggio, invece, un’ora e mezzo di acqua torrenziale dal cielo. Tanta, tanta pioggia, troppa se viene giù tutta insieme. Lo ripete il sindaco di Dimaro-Folgarida Andrea Lazzaroni, che per tutta la notte ha coordinato i soccorsi. Addosso ancora la divisa da vigile del fuoco, gli occhi segnati dalla fatica, la voce rotta. “Una tragedia che ha segnato il territorio, ma ci ha segnato anche l’anima”, racconta.
La frana si è staccata da quota 1.200, all’altezza dell’abitato di Folgarida. Mezz’ora dopo le sette. Pochi, maledetti minuti. Un boato nel buio. “Ho sentito la casa tremare, non capivo cosa fosse”, dice un sopravvissuto. Decine di migliaia di metri cubi di materiale vengono trasportati a valle dalla furia del Rotian, che nemmeno i numerosi interventi di messa in sicurezza, anche recenti, realizzati lungo il corso del torrente, riescono a contenere. Acqua e detriti piombano sulle case, arrivando fino alla strada statale 42 del Tonale e della Mendola. Alcuni automobilisti in transito sono soltanto lambiti dalla colata o riescono a fare inversione poco prima di essere raggiunti dal fango.
In via Gole, i soccorritori raggiungono con fatica la casa di Michela. Dopo ore di lavoro, a notte fonda, la notizia più temuta: la donna viene ritrovata senza vita. La figlia si è salvata uscendo di casa prima e aggrappandosi su un albero.
Duecento persone intanto sono state evacuate. Si sommano alle cento che avevano dovuto lasciare le proprie case nell’abitato di Carciato, perché le acque del torrente Meledrio, altro fronte critico, avevano superato il livello di guardia.
Le accolgono parenti, amici e alcune strutture ricettive messe generosamente a disposizione dai proprietari. Tante persone poi, veniamo a sapere, fin dalle prime ore del mattino si sono messe a disposizione, chiedendo di poter rendersi utili, di dare una mano, anche se in questi momenti le operazioni sono condotte soltanto da operatori qualificati e in grado di garantire la sicurezza.
Dimaro prova già a rialzarsi anche grazie a quella rete di solidarietà e vicinanza, di affetto e calore umano, che quella devastante colata di fango, non ha spazzato via.
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