In Italia il soffocamento dell’esperienza di Allende suscitò un’ondata di sdegno e proteste
La notizia giunse per radio, dall’inviato Rai Italo Moretti. Il generale Augusto Pinochet, capo di Stato maggiore dell’esercito cileno aveva deciso di interrompere bruscamente con un golpe, un colpo di stato militare, l’esperienza del governo di Unidad popular del presidente Salvador Allende, legittimamente eletto. Era l’11 settembre 1973.
Furono i giorni e le settimane successive quelle più cariche di notizie tremende.
Migliaia di persone rinchiuse negli stadi di Santiago, Valparaiso, Antofagasta, Iquique, Punta Arenas e di altre città cilene; il bombardamento della Moneda, il palazzo presidenziale che bruciava; una repressione brutale fece seguito a quei giorni terribili in un crescendo che non conosceva tregua.
Il poeta cileno Pablo Neruda morì di lì a poco in circostanza poco chiare; Victor Jara, cantautore che sapeva interpretare l’animo popolare della gente semplice, verrà fatto sparire. Stessa sorte per Violeta Parra che aveva scritto e messo in musica parole dolci indimenticabili: “Gracias a la vida que me ha dado tanto…” – “Grazie alla vita che mi ha dato tanto…”.
Saranno migliaia e migliaia i cileni desaparecidos, studenti, operai, intellettuali, mineros (minatori), casalinghe, tutta gente che aveva votato per Allende, lo sosteneva, credeva in lui e nel suo programma di governo basato su democrazia e libertà, con una netta politica economica di redistribuzione della ricchezza nazionale a favore delle persone più povere e svantaggiate. “La felicidad de Chile comienza por los ninos”, “La felicità del Cile comincia dai bambini”, era uno slogan che trovava sostanza nella volontà politica di inverare – forse per la prima volta nel paese andino – un preciso riferimento di stare dalla parte del popolo, un “potere del popolo” che cominciasse dal risollevare le condizioni materiali di vita di qualche milione di persone diseredate e impoverite.
La vicenda cilena fece enorme scalpore in tutto il mondo perché dimostrava in modo lapalissiano la strategia complessiva del grande capitale multinazionale volta a soffocare ogni tentativo di democratizzazione, ovunque si verificasse. In Italia il soffocamento dell’esperienza di Allende suscitò un’ondata di sdegno e proteste e spinse l’allora segretario del Partito comunista italiano, Enrico Berlinguer, a teorizzare la necessità del “compromesso storico”, un’alleanza che doveva coinvolgere tutti le forze popolari di provenienza cristiana, socialista e laica per “salvare” la democrazia da rigurgiti di tipo autoritario e chiaramente “fascista” (per richiamare alla vicenda storia del Ventennio nero, dal 1922, al ’43-45).
Fu a Santiago del Cile che nacque il movimento dei “Cristiani per il socialismo”, un’esperienza collettiva, sia pure minoritaria, che tendeva a rompere con la tradizionale alleanza trono-altare, il connubio storico, cioè, tra potere politico oligarchico e potere religioso –molto diffusa capillarmente nel Sudamerica delle dittature militari- e contribuire così al passaggio dai cosiddetti regimi di cristianità ad una presenza propriamente cristiana, di testimonianza e impegno, in una società in travaglio alla ricerca di una maggiore giustizia sociale a partire dalla constatazione del peccato strutturale dell’esclusione e dell’emarginazione di larghi strati popolari. Problema, quest’ultimo, ancora di stretta attualità a distanza di 45 anni dal golpe cileno non solo in Cile ma in altre realtà sudamericane.
Lascia una recensione